Una
delle priorità che una città turistica si pone, e che dall'industria delle
vacanze vuole trarre sviluppo, economia e occupazione, è senza
dubbio quella dell'immagine. Alle bellezze ambientali, a cominciare dalle
spiagge, si aggiunge l'accoglienza, la pulizia e il decoro urbano. Biglietti da
visita che nel corso degli anni si consolidano e danno vita a quel percorso di
fidelizzazione con l'utenza che, per gli obiettivi accennati in precedenza, si
rivela vincente.
L'immagine,
tra l'altro, per chi arriva con i propri mezzi ad Alghero, scatta in
automatico, all'ingresso dell'area urbana, dove si registra il primo impatto
visivo con il luogo dove si intende trascorrere le proprie vacanze. La
città catalana sembra non porsi questo problema visto che proprio agli ingressi
si verificano situazioni che non depongono a favore dell'immagine.
A
cominciare da via Vittorio Emanuele dove l'impatto è decisamente
imbarazzante: il palazzo annerito e sconvolto da un incendio che, da quattro
anni ormai “troneggia” fiero in attesa. In attesa che qualcuno possa finalmente
ridare dignità ai suoi abitanti che ancora oggi pagano il mutuo degli
appartamenti. Un signore anziano abitante del palazzo "infiammato" aveva fatto
un’amara previsione: “Non tornerò mai più in casa mia” E così è stato,
purtroppo.
L'edificio,
che ricorda una lontana immagine di Beirut, ha comunque qualche pregio, quello
conservativo. Dal luglio del 2017 quando scoppiò l'incendio, niente è cambiato,
non sono stati rimossi neanche i residui dei materiali bruciati dal fuoco. Uno
straordinario esempio di protezione dell'esistente per offrire ai propri
ospiti una immagine di sana funzionalità.
Se
si arriva da Bosa la situazione migliora sensibilmente infatti si può notare un
boom edilizio ancora non concluso: grandi palazzi grandi a più piani quasi sulla scogliera che pongono non poche domande sui profili urbanistici e
gli impatti paesaggistici e ambientali. Giusto per arricchire l'offerta di immagine ai visitatori, se si arriva
dall’aeroporto, magari passando per viale Burruni, si può ammirare
l’ormai “mitico” palazzo dei Congressi che pian piano sta cadendo a pezzi. Uno
straordinario esempio della incapacità nella gestione di un bene realizzato con
il denaro pubblico, quasi 25 milioni di euro a oggi.
L'accesso
dalla strada dei due Mari, la 291, sembra più ragionevole fino a quando, giunti
sulla rotatoria che dà verso via don Minzoni, la strada per Fertilia e
l’ospedale Marino, si ha la possibilità di venerare dei mostri da film
horror.
Questo
son diventate le installazioni dei “ciclisti” per il centesimo giro d’Italia
del 2017. Inizialmente quando erano ancora nuove e brillavano scintillanti di
un rosa vivo avevano anche il loro fascino. Ora
invece sembrano essersi trasformate nel famoso xenomorfo, Alien, del
celeberrimo film di fine anni 70’ di Ridley Scott. Di
notte poi illuminati dalla luce artificiale installata sulla rotatoria
diventano ancora più inquietanti e lugubri.
Si
capisce l’importanza nel 2017 di rendere la città presentabile all’evento
ciclistico. Si ricordano anche le perfette e precise colate di bitume nella
parte di via Giovanni XXIII che vide passare i corridori del giro d’Italia
mentre la corsia adiacente giaceva “bucata” nel dimenticatoio. Ma la città
andava presentata per bene. E allora vennero istallate anche quelle “statue”
che nel tempo “putrefacendosi” hanno preso nuove sembianze. Ecco, per decoro
urbano, dopo la lotta alla plastica, alla carta, all’inquinamento, alla parità
di genere e chi più ne ha più ne metta, non si potrebbe rimuoverle per rendere
almeno un ingresso della città “visibile”?
L’estate
sta arrivando. Com’è possibile che una città che si dipinge come un’oasi di
felicità, di bellezze naturali, la piccola “Barcellona”, come dicono alcuni,
l’unica città catalana d’Italia, quella che ha inventato il turismo in
Sardegna, possa accogliere ancora in questo modo, turisti e
residenti? (p.t.)