A Bergamo difesa fragile, attacco sterile: a Gennaio il Cagliari non potrà più aspettare

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  Il Cagliari perde a Bergamo e questa volta non può permettersi letture consolatorie. Perché se l’atteggiamento, a tratti, c’è stato, la realtà resta più scomoda: i rossoblù sono appena tre posizioni sopra la zona retrocessione, una distanza che non garantisce nulla e che non autorizza a sottovalutare un campionato in cui chi sta sotto può svegliarsi da un momento all’altro. Il primo nodo è evidente e ormai strutturale: si entra in campo senza veri riferimenti offensivi. Contro l’Atalanta il gol arriva, ancora una volta, da chi attaccante non è. È successo contro la Roma e può sembrare una virtù, ma a lungo andare diventa un problema. Perché non tutte le partite consentono questo tipo di soluzione e perché, quando serve davvero fare risultato, l’assenza di un attaccante capace di garantire una cifra di gol compatibile con la permanenza in Serie A pesa come un macigno. Il primo tempo è lo specchio di questa fragilità. Un Cagliari attendista, rinunciatario, che sembra più impegnato a non scoprirsi che a colpire. Così facendo non solo regala campo e fiducia all’Atalanta, ma ottiene anche un risultato paradossale: resuscitare Scamacca, che non arrivava certo nel suo momento migliore. Eppure basta il Cagliari, come spesso accade, per rimettere in moto meccanismi che altrove sembravano arrugginiti. Nella ripresa arriva la reazione. C’è più coraggio, più intensità, più voglia di rimettere la partita sui binari giusti. Ma anche qui serve onestà: non è una reazione figlia di un piano, bensì della necessità.

  Il pareggio illude, riaccende le speranze, ma dura poco. Perché quando concedi un tempo intero, poi sei costretto a camminare sul filo. E quando dietro i pasticci non mancano, prima o poi il prezzo si paga. Una marcatura persa, una lettura sbagliata, ed ecco che tutto il lavoro fatto rischia di svanire. E questo rende la sconfitta ancora più pesante, perché l’Atalanta non era nella sua versione migliore. Non dominante, non irresistibile. Una squadra affrontabile, se solo il Cagliari avesse scelto di giocare la partita dall’inizio, e non solo quando il risultato lo imponeva. Il problema, allora, va oltre il singolo ko. Riguarda una squadra che vive di reazioni, che si accende solo quando è costretta, che spera nella giocata episodica più che nella continuità. In questo contesto, il mercato di gennaio smette di essere una variabile e diventa una necessità. Serve un attaccante che garantisca gol veri, numeri compatibili con una salvezza tranquilla, perché continuare a segnare “per caso” o “per emergenza” non è un piano sostenibile. Il Cagliari non è spacciato, ma nemmeno al sicuro. La classifica parla chiaro, la difesa continua a concedere troppo e l’attacco non basta così com’è. Continuare a regalare tempi, fiducia e occasioni agli avversari è un rischio enorme. Perché mentre il Cagliari aspetta di entrare davvero in partita, gli altri stanno già lavorando per restarci. E la Serie A, come sempre, non fa sconti a chi arriva in ritardo.