Le Alpi francesi si tingono di leggenda in questa domenica di giugno, quando il Plateau du Mont-
Cenis diventa teatro dell'ultimo atto del Giro del Delfinato. Centotrentatré chilometri e tre ore e
trentaquattro minuti di battaglia pura, dove il ciclismo mostra ancora una volta la sua anima più
nobile: quella del sacrificio, della tattica raffinata e dell'omaggio ai campioni che si congedano.
La corsa prende vita sin dalle prime battute, quando il plotone si frantuma sulla Côte d'Aiton come
vetro che si spezza al primo colpo di martello. È subito chiaro che questa non sarà una domenica di
riposo, ma l'ultimo, grande confronto tra i giganti di questa corsa transalpina. Van der Poel, l'eterno
combattivo dalle iniziative improvvise, si porta all'attacco insieme a una pattuglia di undici
coraggiosi, tra cui spicca il nome di Lenny Martinez, destinato a scrivere pagine indelebili di questa
giornata.
Il giovane francese del Bahrain Victorious non sa ancora che il destino gli ha riservato un posto
d'onore nell'albo d'oro di questa corsa, ma la sua presenza nella fuga tradisce già l'istinto del
predatore. Con lui, uomini come Enric Mas, Sepp Kuss e Bruno Armirail - quest'ultimo destinato a
conquistare la maglia a pois della montagna - compongono un drappello di qualità cristallina.
Ma è Mathieu van der Poel a rubare la scena nella prima parte di corsa. Il campione del mondo in
carica, con quella sua innata capacità di trasformare ogni frazione in uno spettacolo, si invola in
solitaria guadagnando oltre un minuto sui compagni di fuga. La sua azione solitaria attraversa le
Alpi come una freccia verde, affrontando con audacia le discese rese traditrici dalla pioggia. Sul
bagnato, l'olandese rischia la pelle ma non l'orgoglio, scivolando ma rimanendo miracolosamente in
sella: il Tour de France lo aspetta, e lui lo sa bene.
Dietro, il gruppo maglia gialla viaggia con la sapienza tattica di chi ha già deciso le sorti della corsa.
Tadej Pogacar, sovrano incontrastato di questo Delfinato, controlla con l'eleganza del fuoriclasse
che non ha più nulla da dimostrare. Al suo fianco, Jonas Vingegaard studia ogni movimento,
consapevole che presto, sulle strade di Francia, si riaccenderà la loro epica rivalità.
Ma questa giornata riserva anche momenti di pura poesia sportiva. A tredici chilometri dal
traguardo, quando la salita finale inizia a mordere le gambe, Romain Bardet si sfila dal gruppo con
la compostezza di chi sa che sta scrivendo l'ultimo capitolo della propria carriera. Il campione
francese, gloria del ciclismo transalpino, percorre quei chilometri finali come in una passerella
d'onore, mentre il pubblico al bordo strada sventola cartelli con la scritta "Merci, Bardet!". È il
saluto di una nazione intera a uno dei suoi figli più nobili, un momento che trascende la
competizione per toccare le corde più profonde dell'emozione.
Davanti, intanto, la corsa esplode nella sua fase decisiva. Van der Poel, esausto dopo la sua lunga
cavalcata, viene riassorbito dal gruppo, mentre Martinez e Mas si giocano la vittoria di tappa negli
ultimi, durissimi chilometri verso il Plateau du Mont-Cenis. Lo spagnolo della Movistar prova il
tutto per tutto, ma il francese ha la gamba migliore e soprattutto il cuore di chi sente l'occasione
della vita scivolargli tra le dita.
A sei chilometri dal traguardo avviene l'inevitabile: Evenepoel prova il primo attacco tra i big,
subito raggiunto da Vingegaard e Pogacar, mentre Lipowitz non riesce a rispondere. Poi è
Vingegaard ad allungare il passo, con Pogacar che lo segue con disinvoltura, lasciando indietro
anche il belga e dando vita al loro personale duello. Ma ecco il colpo di scena più raffinato di questa
giornata: lo sloveno, che potrebbe facilmente riprendere Martinez e conquistare la sua centesima
vittoria in carriera, sceglie la strada della strategia. I cambi con Vingegaard sono misurati, la
progressione controllata. Il danese tenta la volata finale, ma la non-risposta di Pogacar stupisce
persino l'avversario. Il campione di Komenda ha deciso: la vittoria numero cento la riserverà al Tour
de France, il palcoscenico che merita un traguardo così prestigioso.
Martinez vola così verso un successo conquistato con il sudore e il cuore, precedendo di
trentaquattro secondi i due fenomeni che si sono limitati a giocare a scacchi negli ultimi metri. È la
vittoria del coraggio contro il calcolo, della gioventù contro l'esperienza, del sogno contro la tattica.
Quando la giornata si conclude, Pogacar può alzare al cielo le braccia indossando una maglia rosa
che è solo antipasto di quella agognata del Tour, conquistando per la prima volta il Giro del
Delfinato e aggiudicandosi anche la maglia verde della classifica a punti. Van der Poel si consola
con il premio di miglior combattivo, riconoscimento che fotografa perfettamente il suo spirito
indomabile.
Il ciclismo lascia così le Alpi francesi con la certezza che il Tour de France, ormai alle porte, offrirà
battaglia ancora più spettacolare. Pogacar, Vingegaard, Evenepoel, anche Lipowitz anche se partirà
come gregario di Roglic, tutti i protagonisti di questo Delfinato si ritroveranno presto sulle strade di
Francia per il confronto definitivo. E chissà che proprio lì, tra le montagne del Tour, lo sloveno non
decida di regalarsi quella centesima vittoria che oggi ha scelto di lasciare ad altri.
Il Delfinato si chiude così nel segno della classe e dell'emozione, ricordandoci ancora una volta
perché il ciclismo rimane lo sport più nobile e imprevedibile del mondo.
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