Nel cuore antico di Oristano, dove il vento di maestrale affila gli ulivi e le pietre respirano ancora la pazienza dei secoli, si raduneranno guerrieri venuti da ogni angolo del globo. Non gladiatori d’arena, ma uomini e donne del karate-do, la via della mano vuota, che al Pala Sport Sa Rodia si sfideranno in una tre giorni che odora di antico Giappone e di nuova Europa.
Dal 27 al 29 giugno, sotto l’egida della Seiwakai International — la più prestigiosa scuola affiliata alla Japan Karate Federation — andrà in scena la Karate Sardinia Events, che ospiterà dapprima il Seminario Europeo e, a seguire, il Campionato Internazionale. Centinaia di atleti, provenienti da oltre quindici nazioni: dall’America e dall’Australia, dall’Asia profonda sino ai confini del vecchio continente. Tutti convocati su quel quadrato di tatami che non ammette trucchi né alibi, dove ogni gesto racconta la vita intera di un karateka.
L’insegnamento sarà affidato a Maestri di chiara fama internazionale, gente che ha fatto del Goju Ryu — lo stile del duro e del morbido — non solo una disciplina fisica, ma un’educazione dell’anima. Non basta colpire: occorre governare l’energia, educare il respiro, rispettare l’avversario che è, sempre, specchio di sé.
Oristano, da sempre abituata a mescolare il proprio sangue con la storia — fra giudicati medioevali, Sartiglia e cavalli al galoppo — mostra così, ancora una volta, la sua vocazione naturale ad accogliere il mondo. Lo fa con la nobile compostezza di chi non ha bisogno di proclami, ma sa che la forza sta nella misura.
Il 29 giugno si entrerà poi nell’arena vera: il Campionato Internazionale, prima edizione della Oristano Cup. Qui il karate vestirà il suo abito più competitivo, ma senza mai cedere all’urlo vacuo della spettacolarizzazione. Nel kumite, il combattimento controllato al millimetro, esploderà la rapidità felina dei contendenti; nel kata, la forma rituale, prenderà vita l’essenza più arcaica dell’arte marziale, quella che trasforma la tecnica in danza guerriera.
Cento categorie in gara, venti giudici nazionali e internazionali chiamati a sancire i verdetti con imparzialità monastica. Ma il vero premio, come sempre accade nei dojo più severi, sarà la crescita dell’uomo prima ancora dell’atleta. In palio non vi sono solo medaglie, ma il proseguimento di una tradizione educativa che attraversa le generazioni.
«Il karate — ricorda il presidente Luigi Stanziano della Seiwakai JKF Goju kai Italia — resta uno strumento formidabile di formazione per giovani e giovanissimi, un’arte che migliora l’essere umano nella sua interezza». E non è retorica. In tempi in cui lo sport si fa troppo spesso mercato e baraccone, qui resiste il culto della disciplina, il valore della solidarietà, l’educazione alla fatica. Come dovrebbe essere ogni volta che lo sport non dimentica di essere, prima di tutto, scuola di vita.
Il karate-do non è per i frettolosi. Richiede pazienza di certosino, onestà di cuore, e una profonda conoscenza di sé. È, in fondo, la stessa virtù che fece grandi i nostri schermidori, i ciclisti antichi, i mezzofondisti che seppero soffrire. A Oristano, il tatami non misurerà solo la forza: sonderà il carattere.