Se n’è andato in silenzio, com’è nel costume di chi non ha mai avuto bisogno d’alzare la voce per farsi sentire. Davide Nicola lascia il Cagliari con la dignità del vecchio comandante che ha portato il suo vascello oltre la tempesta, e adesso salpa verso altri lidi, con gli occhi pieni di salino e di memoria.
Il suo saluto ai rossoblù è un distillato d’anima: «Sedersi sulla panchina del Cagliari Calcio ha significato condividere ogni respiro di questa città: nell’entusiasmo che ti prende sin dalle prime luci dell’alba, nelle notti insonni prima di una sfida, nella delusione o nella gioia al fischio finale. Vi ringrazio perché mi avete restituito la passione di chi mette il cuore prima di ogni cosa, di chi non smette mai di lottare». Parole che non s’inventano a tavolino. Parole che odorano di spogliatoio e di fatica, di rincorse sulle fasce e bestemmie sussurrate nei tunnel. Nicola, che a Cagliari ci era arrivato con l’umiltà dell’artigiano e l’animo da stratega, ha saputo scolpire un’identità in una squadra troppo spesso abituata a sopravvivere più che a vivere.
«Lascio – ha scritto ancora – un angolo di me in questa terra, e riparto con la leggerezza di chi sa che il vero orgoglio nasce dall’attaccamento genuino. Grazie per aver camminato con me, per aver reso ogni difficoltà un valore, ogni vittoria un’emozione che porterò sempre con me».
Un addio che non suona come compimento. Il tributo finale è per tutti, nessuno escluso: «Al presidente, al direttore, ai calciatori, a tutti i membri dello staff della società, ai nostri tifosi. A tutto il popolo sardo. Con infinita gratitudine».
Così parla un uomo che ha saputo farsi squadra, tempra, simbolo. In un calcio che ormai si consuma in fretta come un’ostia tra le labbra, il saluto di Nicola è un’eccezione: sincero, empatico, essenziale.
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