Sette anni. Sette lunghi anni sono trascorsi da quel maledetto pomeriggio del 2018, quando Simon Yates vide sfumare la maglia rosa proprio sulle rampe impietose del Colle delle Finestre. Oggi, su quegli stessi tornanti di polvere e fatica che un tempo furono teatro della sua disfatta, il corridore britannico ha scritto una delle pagine più belle del Giro d'Italia moderno, ribaltando una classifica che sembrava ormai cristallizzata nelle mani del giovane Isaac Del Toro.
La giornata inizia con i consueti fuochi d'artificio delle fughe mattutine. Trentuno uomini si lanciano all'attacco, guidati dall'esperienza di corridori come Wout van Aert, che non a caso si trova lassù: sarà lui, più tardi, l'angelo custode di Yates nella discesa della verità. Ma mentre i battistrada guadagnano minuti preziosi - arriveranno fino a oltre dieci di vantaggio - nel gruppo serpeggia una tensione particolare. L'altitudine di Sestriere, i 2178 metri del Colle delle Finestre, promettono spettacolo.
È quando inizia la salita regina che il copione si ribalta. Le prime vittime illustri cadono subito: Bernal e Pellizzari si staccano, Adam Yates resta indietro. Ma davanti, la corsa prende una piega inaspettata. A quarantadue chilometri dal traguardo, Richard Carapaz decide di forzare la mano. Lo scatto dell'ecuadoriano è istintivo, da campione che sente il momento propizio. Del Toro, giovane ma già navigato, non si fa sorprendere e in pochi secondi colma il divario, incollato alla ruota del veterano.
È in questo frangente che si consuma il destino del Giro 2025. Simon Yates, silenzioso fino a quel momento, li segue. Ma quando a quaranta chilometri dal traguardo l'inglese decide di cambiare ritmo, né Carapaz né Del Toro comprendono la portata di quella accelerazione. Forse pensano sia un tentativo destinato a spegnersi, forse sottovalutano la presenza di van Aert più avanti, pronto a fare da lepre nella discesa decisiva. Fatto sta che nessuno dei due risponde all'attacco di Yates.
È l'errore fatale. Su quelle rampe dove nel 2018 aveva perso tutto, Simon Yates comincia a volare verso la redenzione. Metro dopo metro, curva dopo curva, il distacco cresce inesorabile. Del Toro e Carapaz si guardano, si studiano, perdono tempo prezioso in tatticismi che si riveleranno letali. Quando finalmente comprendono la gravità della situazione, è troppo tardi.
La discesa diventa un'autostrada verso il trionfo. Van Aert, fedele scudiero, guida Yates con la sapienza di chi conosce ogni curva, ogni metro di asfalto. I due volano verso Sestriere mentre alle loro spalle il dramma si consuma lentamente. Del Toro, appena ventunenne, paga forse l'inesperienza in situazioni del genere. Carapaz, che di anni ne ha trentadue e di esperienza da vendere, paga invece una condotta di gara troppo attendista, forse l'ultimo errore di una carriera comunque luminosa.
Quando mancano sette chilometri al traguardo, i giochi sono ormai fatti. Yates ha quattro minuti di margine sui suoi rivali, un'eternità nel ciclismo moderno. La maglia rosa, che aveva accarezzato e poi perso sette anni prima su queste stesse strade, ora gli scivola addosso come un abito cucito su misura.
Davanti, intanto, Chris Harper firma una delle vittorie più belle della sua carriera, battendo Alessandro Verre in uno sprint a due che sa di liberazione dopo i crampi del giorno precedente. Ma è solo il contorno di una giornata che rimarrà negli annali per ben altri motivi.
Quando Simon Yates taglia il traguardo di Sestriere, sotto una pioggia che inizia a cadere come lacrime di commozione, sul suo volto non c'è solo la gioia del successo. C'è la pace di chi ha fatto i conti con i propri fantasmi e li ha sconfitti. Tre minuti e cinquantasei secondi di vantaggio su Del Toro, quattro e quarantatré su Carapaz: numeri che fotografano una rimonta epica, costruita su un solo attacco al momento giusto.
Il giovane messicano della UAE ha dalla sua la giovane età e potrà riscattarsi nel futuro e imparare da questa importante lezione, ma a ventun anni ha dimostrato di avere il talento per tornare a lottare per i grandi giri. Diverso il discorso per Carapaz, che a trentadue anni ha forse sprecato l'ultima vera occasione di conquistare il secondo Giro della carriera. La sua condotta troppo difensiva, il rifiuto di collaborare con Del Toro quando Yates era ormai in fuga, rimarranno come uno dei più grandi rimpianti di questa edizione.
Ma oggi è il giorno di Simon Yates, l'uomo che ha saputo trasformare il teatro della sua più grande sconfitta nel palcoscenico del riscatto più bello. Domani, nella passerella romana dedicata ai velocisti, indosserà una maglia rosa conquistata là dove tutto sembrava perduto, in una di quelle giornate che rendono il ciclismo lo sport più romantico del mondo.
Il Colle delle Finestre, ancora una volta, ha cambiato la storia del Giro d'Italia. Ma stavolta, per Simon Yates, è stato finalmente benevolo.
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