Viareggio saluta i corridori con la brezza marina, Castelnovo ne' Monti li attende lassù,
custode di segreti montani e testimone silenzioso di una battaglia che si annuncia
indimenticabile.
L'11ª tappa del Giro d'Italia 2025 si presenta come un campo di battaglia dove solo i
valorosi possono ambire alla gloria: 185 chilometri, 3704 metri di dislivello, tre salite che
sono altrettante prove di valore. L'Appennino tosco-emiliano diventa teatro di un'epopea a
due ruote.
Nei primi chilometri, il plotone si muove come un organismo unico, nervoso, irrequieto. Si
comincia con scatti e controscatti, ma è solo il prologo, il gruppo, come un predatore
affamato, non concede spazio. La Decathlon Ag2r mette i suoi uomini in testa,
controllando ogni tentativo di fuga.
Lo sprint di Borgo a Mozzano è solo una parentesi nella narrazione della giornata, un
diversivo che vede Azparren raccogliere punti preziosi, mentre il plotone si prepara alla
vera battaglia.
Ed è ai piedi dell'Alpe San Pellegrino che il racconto prende quota. La strada si inerpica
senza pietà, con pendenze che mordono le gambe, e qui si materializza la figura solitaria
di Lorenzo Fortunato. Il bolognese della XDS Astana sceglie di danzare da solo sulla
prima asperità di giornata, le sue gambe scandiscono un ritmo impossibile per gli altri. Non
è una semplice fuga, è una dichiarazione di intenti, un'affermazione di coraggio.
Lo vediamo arrampicarsi come un camoscio sui tornanti più ripidi, là dove l'ossigeno si
rarefa e la fatica diventa compagna di viaggio. Fortunato trasforma la sua ascesa in poesia
del movimento, in un assolo che ricorda i grandi scalatori del passato. La sua schiena
ondeggia leggermente, le mani leggere sul manubrio, gli occhi fissi sulla strada che sale
senza pietà.
Dietro, un manipolo di audaci tenta l'inseguimento. C'è il veterano Nairo Quintana, El
Condor de Boyacá, che conosce bene l'arte di volare in altura; c'è Pello Bilbao, basco dal
sangue caldo; c'è l'australiano Plapp, giovane promessa che vuole lasciare il segno; e c'è
Poels, l'olandese volante, che sui pendii ripidi trova il suo elemento naturale.
Il gruppo maglia rosa, guidato dagli uomini della UAE Team Emirates, formazione ciclistica
di prim'ordine, controlla a distanza, come un felino che osserva la preda sapendo che
potrà raggiungerla quando vorrà.
Fortunato, il suo nome un presagio in questa giornata, conquista con maestria i 40 punti
del GPM di Alpe San Pellegrino e si lancia in una discesa che è esercizio di coraggio e
tecnica. Ma la sua cavalcata solitaria non è ancora terminata. Nella salita di Toano,
secondo GPM di giornata, Fortunato torna a far danzare le sue gambe sul durissimo
pendio, conquistando altri preziosi 18 punti e consolidando la sua leadership nella
classifica degli scalatori. Una doppia impresa che rende merito al suo talento e alla sua
determinazione.
La giornata di gloria di Fortunato e compagni si consuma però negli ultimi chilometri,
quando il gruppo, ormai lanciato all'inseguimento, riduce progressivamente il distacco. Le
energie spese da Fortunato nelle sue prodigiose scalate presentano il conto, e la sua
epica cavalcata, che ha infiammato gli animi di appassionati e puristi, si conclude ai piedi
dell'ultima asperità.
È nella salita finale verso Pietra di Bismantova, monumento naturale che si staglia contro il
cielo come una cattedrale di roccia, che il dramma sportivo raggiunge il suo culmine. La
fuga viene riassorbita dal gruppo, come la marea che inghiotte i castelli di sabbia, e
proprio quando sembra che tutto debba risolversi in un arrivo in gruppo, ecco che Richard
Carapaz, la Locomotora del Carchi, sferra l'attacco decisivo.
L'ecuadoriano della EF Education, già vincitore del Giro nel 2019, scatta come una molla
troppo a lungo compressa. I suoi rivali, sorpresi, tentano di organizzare l'inseguimento ma
è troppo tardi. Carapaz viaggia solo contro il vento, contro la strada, contro il tempo.
Negli ultimi chilometri, sotto un cielo che minaccia pioggia, Carapaz mantiene un
vantaggio esiguo ma sufficiente. Entra nel rettilineo finale di Castelnovo ne' Monti con la
certezza di chi sa di aver scritto una pagina di storia. Dietro, Del Toro, la giovane
promessa messicana in maglia rosa, limita i danni e guadagna addirittura sei secondi
preziosi sui rivali grazie all'abbuono del secondo posto.
Carapaz può alzare le braccia al cielo, vincitore di una tappa che rimarrà nella memoria
degli appassionati. La sua impresa riscrive leggermente le gerarchie della classifica, ma
conferma la solidità di Isaac Del Toro, che mantiene la maglia rosa con 31 secondi sul
compagno di squadra Ayuso e 1'07" su un Antonio Tiberi che continua a stupire.
Eppure, questi sei secondi guadagnati oggi dalla maglia rosa raccontano una strategia che
desta qualche perplessità. Del Toro, nel suo ardore giovanile, non risparmia mai le forze, è
sempre lì a rispondere ad ogni scatto, a mettersi in evidenza in ogni momento topico della
corsa. Un dispendio energetico che Ayuso, scaltro come una volpe, evita accuratamente.
La domanda sorge spontanea: reggerà il messicano questo ritmo fino a Roma? O forse
stiamo assistendo all'alba di un cambio di leadership interno alla squadra emiratina, con
Ayuso pronto a raccogliere lo scettro quando il giovane leader comincerà a pagare gli
sforzi accumulati?
Il Giro prosegue il suo cammino, ma questa giornata appenninica ci ha consegnato due
eroi: Lorenzo Fortunato, protagonista di una cavalcata solitaria che ha ricordato le gesta
dei grandi scalatori del passato, rafforzando la sua leadership nella classifica dei GPM; e
Richard Carapaz, che con un colpo da maestro ha saputo cogliere l'attimo per scrivere il
proprio nome nell'albo d'oro di questa edizione.
Ancora una volta, il ciclismo ci ricorda che la gloria appartiene a chi sa osare, a chi sa
soffrire, a chi sa trasformare la fatica in poesia del movimento. Ma ci insegna anche che la
vittoria finale premia chi sa gestire le forze, chi sa quando attaccare e quando
nascondersi. E mentre Del Toro brilla oggi nella sua maglia rosa, è forse nell'ombra di
Ayuso che si cela il vero favorito per il trionfo finale.
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