Au revoir Paris... Welcome Los Angeles... ma prima ci aspettano le paralimpiadi parigine e le Olimpiadi invernali di Milano-Cortina

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Mentre infuriano le polemiche per l’ennesima problematica, che stavolta interessa la ginnastica artistica, con Jordan Chiles che dovrà restituire la medaglia di bronzo, perché il ricorso fatto dalla sua allenatrice era in ritardo di quattro secondi oltre il consentito, che spetta quindi ad Anna Barbosu nel corpo libero, è tempo di bilanci per Parigi 2024, un’olimpiade che purtroppo verrà ricordata forse più per le polemiche, che per tutto il resto. Polemiche che sono cominciate prestissimo, già dalla cerimonia di apertura, che ha dato più risalto allo spettacolo che agli atleti, per poi passare alle infinite polemiche sulle categorie in cui far disputare gare ad atleti che per conformazione hanno qualche cromosoma vantaggioso, oppure quella sulle acque della Senna, ed infine quella sulla scomodità del villaggio olimpico. Per non parlare di quella più importante, che ha riguardato la competenza e/o le decisioni discutibili dei giudici e arbitri, che spesso hanno sottratto a chi meritava di vincere, qualcosa. Aldilà di tutto questo, ricorderemo questi giochi, perché ogni disciplina ha regalato emozioni, perché gli atleti hanno passato tre anni durissimi a prepararsi per dare il meglio, e a parte chi ha avuto infortuni o problemi fisici, tutti hanno potuto esprimere il proprio meglio. Qualcuno potrebbe storcere il naso sul bilancio delle medaglie, per quanto riguarda la spedizione azzurra, ma, ad avviso di chi scrive, non è stata tutta responsabilità degli atleti, e comunque i tanti quarti posti attestano solo che l’Italia c’è. E non è mancanza di ambizione quando sentiamo atleti che sono felici per questi piazzamenti perché sono alla prima olimpiade, ma semplicemente quei quarti posti sono dimostrazione del valore dell’atleta, spesso le differenze per cui non è saliti sul podio sono di pochi centesimi di secondo, o comunque questione di pochissimo. Forse l’unica “delusione” potremmo ascriverla per il quartetto di ciclismo su pista che oggettivamente erano i campioni olimpici uscenti, dai quali ci saremmo forse aspettati di più. Ma sarà l’occasione per consentire a tre di questi quattro, quelli che vanno (ed anche forte) anche su strada, di cambiare approccio di allenamento, per poter puntare a qualcosa di importante anche su strada, mentre in pista possiamo cominciare a pensare al ricambio generazionale. Abbiamo il nono posto del medagliere, con 12 ori, 13 argenti e 15 bronzi, meglio della Germania, non succedeva dal 1960 e li, giocavamo “in casa”. Anche dove non siamo sul podio ci si è piazzati bene, il bilancio della spedizione azzurra può dirsi positivo, con un’Italia che è molto attiva sul fronte di molte discipline sportive, forse lo stereotipo che vuole il calcio come unico sport nazionale, potrebbe non reggere più, se non altro anche perché i tifosi son rimasti delusi dagli risultati della nazionale di calcio negli ultimi anni, a parte l’europeo 2020. Queste olimpiadi la cosa più importante l’hanno insegnata in termini di valori, con la determinazione e la caparbietà di chi, non dandosi per vinto, si è rialzato e ha fatto tutto il proprio meglio, a prescindere che sia bastato o no, la forza e la voglia di fare bene dopo anni di rinunce, allenamenti, ed a volte infanzie votate al sacrificio per arrivare li, ad esserci, a contare ed anche, a volte, a vincere. Valori che se possibile, vedremo anche moltiplicati nelle tante storie che incontreremo anche nelle paralimpiadi. La cerimonia di chiusura, non va in scena dove è cominciato tutto, ma in modo più tradizionale nello Stade de France, tre le olimpiadi svoltesi a Parigi compresa questa, quella del 1900 (la seconda) e quella del 1924, esattamente 100 anni fa. Anche Los Angeles, che tra 4 anni ospiterà i Giochi, avrà quindi tre edizioni dei giochi: 1932, 1984, e 2028. Non c’è stata purtroppo la tregua olimpica, che era stata invocata. Comincia la cerimonia, da quel braciere acceso appeso alla mongolfiera, che si trova a terra circondata dall’acqua, e che, chissà, forse, come la Torre Eiffel (che avrebbe dovuto essere smantellata dopo l’expò del 1900) potrebbe restare a imperitura memoria. Marchand afferra una torcia con una fiammella, mentre il braciere già si spegne, era forse lui il tedoforo misterioso, chissà, e si allontana. C’è del romanticismo malinconico in questa immagine. Si torna allo Stade de France. Un’orchestra suona ancora, sotto il cielo di Parigi. E poi l’inno francese. Si fa sera anche in Francia, ma il cielo è ancora azzurro. Ecco gli atleti finalmente, i veri protagonisti, che cominciano a sfilare. Senza l’ordine alfabetico, e dunque un poco caoticamente. Portabandiera italiani Gregorio Paltrinieri e Rossella Fiamingo, fidanzati nella vita e medagliati, lei con l’oro, lui con argento e bronzo (quest’anno). E dopo che il pubblico e gli atleti francesi cantano il po po po che in realtà cantarono gli italiani a mo’ di sfottò ai mondiali del 2006 di calcio, parte un karaoke con maxi schermo e le parole per permettere a tutti di cantare, a dimostrazione che il karaoke non potrà mai davvero passare di moda, We are the champions termina questo momento, i Queen non tramonteranno davvero mai e molti atleti la possono cantare con fierezza. Poi l’ultima premiazione, quella della maratona femminile vinta da Hassan naturalizzata olandese di origine etiopica che è andata a segno anche nei 5000m e nei 10000m, disciplina presente solo dalle olimpiadi di Los Angeles del 1984, all’epoca ci furono molte polemiche perché ci fu un problema coi rifornimenti che non funzionarono e c’è chi svenne, facendo pensare in tempi forse non ancora maturi evidentemente, che le donne non potessero affrontare sforzi simili mentre invece la storia ha dato torto a queste opinioni. Fin qui una festa sportiva e popolare, un riconoscimento ed un momento per i volontari, e poi, lo spettacolo, buio, luci le sagome dei continenti ed un personaggio con armatura dorata che viene calato dall’alto. E torna anche la bandiera greca, portata dal cavaliere che sulla Senna era in groppa al cavallo meccanico nella cerimonia d’apertura, con il riarrangiamento dell’inno greco. Lo spirito della Grecia antica che incontra il moderno, una vera e propria rappresentazione teatrale che vuole comunicare come a lungo nella storia quello spirito si è perso, per poi venire recuperato nel 1896. Un peccato che non sia servito ad evitare numerose e sanguinose guerre. Compaiono i cerchi simbolo dei giochi, prima tre poi altri due, un lavoro di fatica, la stessa che si farebbe se perdessimo ancora di vista i valori che lo sport veicola. Gli atleti prendono la scena, salendo sulla piattaforma che simboleggia il mondo, impossessandosene. E poi musica, la festa ha inizio. Au revoir Parigi, welcome Los Angeles… ma prima ci saranno le paralimpiadi parigine e le olimpiadi invernali di Milano Cortina.