C'è chi nasce ingegnere, chi idraulico, e chi scarafaggio. Io sono nato per ammirare il calcio.
La storia del Grande Torino è una saga che mi ha sempre affascinato; una squadra che ha inciso il proprio nome negli annali del calcio con record leggendari. Ottantotto gare senza sconfitte in casa, centoventicinque goal in un singolo campionato, dieci undicesimi della Nazionale Azzurra. Record che, ancora oggi, rimangono imbattuti, solo per citarne alcuni.
Il 4 maggio 1949, quei ragazzi perirono in un tragico incidente aereo, schiantandosi nella Basilica di Superga. È un bene che alcuni addetti ai lavori, come il grande Gianni Brera, che perse suo padre in quella tragedia, siano riusciti a raccontare le gesta di quei ragazzi che sono entrati nella storia del calcio.
Potrei essere d'accordo con chi obietta dicendo che era un altro calcio, essendo quello del dopoguerra. Quei campioni prendevano il tram per andare a giocare, non contemplavano minimamente l'idea della sconfitta.
Il famoso "quarto d'ora Granata": uno squillo di tromba dagli spalti era il segnale, Capitan Valentino Mazzola si rimboccava le maniche, letteralmente, e il Torino accelerava i ritmi nei momenti di difficoltà. Una coesione e una determinazione forse mai vista e raccontata.
Ogni anno, questi Dei del calcio vengono commemorati sotto la Basilica da persone che depongono sciarpe di altre squadre. Questo è il bello del calcio: quando non ci sono colori di appartenenza, tutto diventa naturale. Gli angeli di Superga, il Grande Torino.
![]()