Il diario di Francesco Indovina: il virus dell'italianità

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Non so se capita anche a voi ma questa orgia di italianità mi è insopportabile: la carne da allevamenti italiani; il latte da allevamenti italiani; le uova da allevamenti italiani; polli, salsicce, ecc.
L’italianità come elemento di garanzia di qualità e di bontà.
L’italianità travalica dalla pubblicità ai discorsi televisivi, ai dibattiti, ai discorsi politici, alla stampa, ecc.
Non se ne può più. Ci vogliono far sentire orgogliosi di essere italiani, ma questo è possibile solo se non si ha memoria.

Il nostro paese non è estraneo a sofisticazioni, alcuni di questi, qualche anno fa hanno avuto esiti drammatici, spesso la polizia che si occupa della questione, almeno prima del coronavirus, emettevano multe salate, a riprova che qualche problema esisteva.
Insomma la italianità non è garanzia di nulla (senza parlare della falsificazione dei marchi di vestiti e pelletterie di cui siamo maestri).
Inoltre questa propaganda, e non ce ne sarebbe affatto bisogno, stimola il nostro antagonismo verso gli stranieri, ovviamente immigrati, il tutto in contraddizione con l’invito ai turisti stranieri di venire in Italia.

Certo si può dire che queste osservazioni sono esagerate, ma non possiamo non tenere conto che il linguaggio è fondamentale per costruire la coscienza collettiva.
Una coscienza collettiva che oggi un po’ dovrebbe preoccuparci, perché esprime umori non condivisibili (egoismo, indifferenza collettiva, vedi le recenti manifestazioni politiche nel disprezzo di ogni cautela sanitaria, voglia di accaparramento, individualismo), e che non dovremmo minimamente alimentare.

Francesco Indovina