Alghero non solo turismo: torniamo all'agricoltura

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L’enorme sforzo umano ed economico che l’Italia, la Sardegna e la nostra città di Alghero stanno affrontando, ci proietta verso ricordi lontani, tramandati nelle nostre famiglie. Uno scenario proprio di una guerra, che colpisce ed ha colpito l’interno sistema sociale e produttivo. Questa situazione di crisi, tuttavia, ci deve spingere alle necessarie considerazioni sul versante produttivo. Nella nostra Isola e nella città di Alghero, in particolare, da tempo si osservava una visione miope e monoculturale che considerava unicamente il turismo o i servizi, come fondamento economico del territorio. Purtroppo i conti presentati dalla crisi dovuta a questa pandemia, rivelano che questa scelta era quanto mai sbagliata e non strategicamente corretta. Da tempo si sosteneva con forza che un’economia costituita dal solo terziario era monca e anacronistica, non conforme alle esigenze del nostro territorio, ma anche su questo veniva ignorati. 

La crisi attuale sta rivelando che l’unico vero settore essenziale per l’economia, specie in contesti di ridotta circolazione globale delle genti e delle merci, è rappresentato dall’agricoltura, dall’allevamento, nonché dalla trasformazione dei prodotti connessi. Possono esserci anche le spiagge vuote, ma non le pance. La filosofia economica europea, nazionale, regionale e locale ha per anni mortificato il settore primario, attraverso politiche di libero scambio, specie con paesi extra UE, che hanno posto in competizione i nostri prodotti con altri principalmente sotto il profilo dei prezzi, sulla base dei costi di produzione. Questo ha comportato l’annichilimento dell’agricoltura nostrana, drogata anche da un uso distorto dei fondi comunitari, che hanno contribuito a porre in via residuale la produzione materiale, agendo anche come fattore turbativo del costo dei prodotti grezzi. 

In questo contesto fa scuola il disastro del mercato del latte bovino e ovicaprino. Ci si domanda cosa abbiano fatto negli anni le associazioni di categoria e se queste abbiano compreso da subito il vero significato di alcune politiche sul lungo periodo! Ora assistiamo a messaggi più o meno qualificati dove ci viene detto di mangiare sardo o italiano, ma chi li esprime ha una vaga idea di quale sia la reale capacità produttiva disponibile? Purtroppo su molte produzioni, messe in crisi scientemente, è calato un lento ed inesorabile declino, che ora ne comporta una difficoltosa capacità di ripresa. La rivoluzione economica che auspichiamo passa attraverso la considerazione del settore primario quale settore strategico nazionale, calcolando una capacità produttiva se non pari al fabbisogno nazionale, ma almeno nettamente prevalente rispetto alle importazioni comunitarie ed extracomunitarie. 

Per far questo dobbiamo articolare il sistema produttivo con imprese agricole medio grandi, specie usando l’istituto cooperativo o con aggregazioni consortili, in grado di fare da collettore alle produzioni derivanti da un gran numero di piccole imprese agricole. In Sardegna negli anni si è assistito ad una folklorizzazione dell’agricoltura e della zootecnia, ad uso e consumo di sagre ed eventi, spesso scollegati tra loro e in competizione. Questa tendenza invece di rappresentare una delle modalità di pubblicizzazione delle produzioni è diventata sempre più l’unica articolazione del sistema produttivo locale. Noi tutti, dinnanzi alle conseguenze derivanti dalla crisi che seguirà il dramma sanitario del Covid-19, dobbiamo far fronte ripensando integralmente il modo di fare economia. Anche se non si considera come inutile la strategia delle piccole realtà produttive legate al km zero, tuttavia si ritiene che non siano il sistema sul quale puntare scelte strategiche ad ampio respiro. Per quanto concerne la realtà sarda la Regione deve subito mettere in campo provvedimenti che stimolino la costituzione di consorzi di produttori, in grado di coordinare al meglio le scelte produttive dei singoli imprenditori agricoli, nonché attuare una seria riforma ed un rigoroso controllo nella gestione dei fondi comunitari destinati al comparto agricolo e zootecnico. Ogni singolo finanziamento ora disponibile non deve essere sprecato e per questo spetta agli enti competenti una rigorosa verifica dei business plans dei singoli beneficiari. 

Gli aiuti comunitari alle imprese agricole non sono ammortizzatori sociali, ma linfa per incentivare le produzioni e queste chiaramente devono sussistere. Il momento storico che viviamo deve spingere l’Italia e in specie la Sardegna a scelte coraggiose, ma necessarie. La rivoluzione che ci attende non può essere fatta sulla base dell’immediato riscontro elettorale e anche la nostra Alghero deve ripensarsi come territorio non unicamente turistico. Con l’inizio di questa crisi si sta aprendo una nuova epoca e noi tutti dobbiamo rendercene conto. La classe politica sarda e quella cittadina in specifico non possono permettersi di non capirlo. Alghero non era e non poteva essere solo turismo, ripartiamo dall’agricoltura professionale! Dott. SPANO Giovanni Baldassarre, candidato nelle liste del PSd’AZ nelle amministrative 2019 e incaricato per la formazione del programma di coalizione.