La Catalogna: così vicina, ma così lontana

Catalogna

Con la Catalogna, si sa, i sardi hanno un rapporto storico. Non per nulla la scrittrice Michela Murgia ha raccontato di essersi sentita salutare con un "benvenuta a casa tua" durante un convegno a Barcellona poco tempo fa.

E pensare che i primi contatti fra sardi e catalani sono stati tutt'altro che amichevoli. Nel 1326 la Corona d'Aragona, in preda a difficoltà economiche, decise di invadere la Sardegna col beneplacito di Roma. L'isola era ricca di materie prime come l'argento e il sale, e aveva una posizione strategica nel centro del Mediterraneo.

I catalano-aragonesi conquistarono più di metà dell'isola fra il 1326 e il 1329, fondando un'entità nota come "Regno di Sardegna". Fece seguito un secolo di lotte - durante le quali il Giudicato d'Arborea riuscì anche a riconquistare quasi tutta l'isola - fino alla sconfitta definitiva dei sardi nella battaglia di Sanluri del 1409. Nel 1420 il territorio ancora in mano al Giudicato venne venduto per centomila fiorini d'oro e inglobato nella Corona d'Aragona. Oltre alla figura del Vicerè, furono create come istituzioni le Cortes e la Real Audiencia, che svolgevano le funzioni rispettivamente di parlamento e di tribunale.

La Sardegna rimase sotto il dominio spagnolo fino al 1720, quando passò al Piemonte col trattato dell'Aia.

Del dominio catalano-aragonese sono rimaste parecchie tracce nel lessico sardo, soprattutto nel campidanese. Parole come lègiu, brutu, taula sono tutte catalane.

Dal punto di vista architettonico, le torri costiere sono uno dei lasciti più evidenti. Fu Filippo II, preoccupato per le incursioni barbaresche, a creare nel 1582 la Reale amministrazione delle torri, con lo scopo di dotare l'isola di una rete di torri costiere e occuparsi della loro manutenzione. Dagli archivi risulta che furono costruite 105 torri. Ne rimangono circa 84, di cui però solo la metà in ottimo stato di conservazione.

C'è anche una teoria suggestiva che, in virtù della somiglianza fra sardana e Sardegna, fa discendere il ballo nazionale catalano dal ballu tundu sardo. Le somiglianze fra i due balli sono evidenti, ma al momento le prove scarseggiano.

È impossibile non notare, oltre ai legami, le differenze. La Catalogna è una regione ricca, con tante eccellenze. Il brand più noto della Catalogna è sicuramente il Barcellona, che come dice il suo motto è più di un club. Oltre ad aver dominato il calcio europeo - BetStars la dà ancora fra i favoriti per la vittoria della Champions - il Barça ha fatto, e fa tuttora, da ambasciatore della lingua e cultura catalana.

Per ora, le glorie recenti degli sport di squadra sardi si limitano alla vittoria dello scudetto di basket da parte della Dinamo Sassari due anni fa.

È comunque Alghero, come sappiamo, l'unica vera città catalana in Sardegna. La "piccola Barcellona" mantiene tuttora la lingua catalana, che è stata anche di recente oggetto di tentativi di rivitalizzazione.

La città era in mano ai catalani già dal 1354, quando Pietro VI la ottenne diplomaticamente e fece deportare la popolazione in Spagna, sostituendola con coloni catalani. Alghero non ha mai mancato di dimostrare la propria vicinanza ai catalani. L'esempio più recente è il gemellaggio fra Alghero e Vic dell'anno scorso. La capitale della comarca d'Osona era capitale della cultura catalana 2016, e Alghero candidata per il 2018 all'omologo titolo italiano (poi andato a Palermo).

È proprio in virtù di questi legami che ci stupisce il mancato ristabilimento dei voli low-cost tra Alghero e Girona, che trasportavano circa 100mila passeggeri l'anno e hanno danno un forte impulso al turismo algherese. L'associazione catalana Plataforma per la llengua ha fatto partire la campagna Volem Volar, con lo scopo di spingere le instituzioni a trovare una soluzione alla mancanza di collegamenti aerei diretti tra le due città catalano-parlanti. Chiunque voglia dare il proprio sostegno può farlo firmando la petizione sul sito della campagna.