Altro che solo spiagge e sole: Coga, Ammutadori e Maria Abbranca, le leggende sarde da non leggere di notte

-
  Quando si pensa all’Isola, vengono in mente due immagini quasi contrapposte: da un lato le spiagge che finiscono sempre nelle Top10 delle più belle nel globo, con i loro ciottoli modellati, le loro acque trasparenti e il sole che le bacia h24. Ma non solo: gli archi di roccia, i vecchi passaggi che conducono in posti indimenticabili, gli ovili dove il tempo sembra congelato, le montagne selvagge, i borghi piccoli, gli strapiombi, il Supramonte. È la bellezza dell’incontaminato, del selvaggio… quel fascino un po’ wild che contraddistingue quasi tutta la Sardegna. È meravigliosa, questa immagine, non si dica il contrario, ma c’è la seconda faccia della medaglia. Una Sardegna che chi c’è nato sente scorrere nelle vene insieme al sangue. È la Sardegna delle tradizioni, delle credenze che si tramandano di padre in figlio a bassa voce, a calor’e fogu, delle figure leggendarie che fanno accapponare la pelle.

  Ma quali sono le più spaventose? Number one, senza se e senza ma, la temutissima e spaventosissima coga. Brutta, ma brutta forte, pelosa e dall’aspetto diabolico, è nota perlopiù per quel suo bizzarro vizietto: succhiare il sangue dei neonati. Ecco, non ci sono dubbi sul perché fosse così temuta. Una piccola coda sulla schiena potrebbe renderla riconoscibile, ma siccome l’oscurità è il suo regno, be’, è impossibile da individuare: ecco perché i nostri nonni mettevano nei pressi della culla un bastone di canna e un rosario benedetto o due spiedi messi a forma di croce su un treppiedi rovesciato. Due erano considerate le possibilità di nascere coga – e a quel punto, il destino era segnato: se una bimba nasceva settima figlia o se veniva al mondo la notte di Natale a mezzanotte. A farci provare pena per lei, forse, la mancanza di libero arbitrio: nasceva segnata, la coga, e nulla poteva fare per contrastare quella sua sete di sangue.

  Number two, l’Ammutadori (chiamato in diversi modi nelle varie parti dell’Isola). Conoscete la paralisi del sonno? Quel disturbo del sonno – questa la spiegazione scientifica – per cui per qualche minuto siete fermi, sentite dei suoni che sembrano dei sibili, non potete muovervi perché gli arti sono paralizzati e formicolanti e vi escono i capelli bianchi dalla paura? Accade spessissimo, specie quando ci si sta per addormentare. Be’, c’entra lui, il temutissimo demone che, a quanto pare, si pone sul petto, opprime, sibila, ringhia e spaventa la sua vittima togliendole ogni energia. Unico modo per scacciarlo, recitare un brebu – un rituale fatto di frasi che allontanano i malefici. Ma da paralizzati, come recitare la formula per scacciarlo?

  Number three, ma menzione d’onore per gli straordinari metodi educativi super montessoriani di un tempo, va a… Maria Abbranca. Mai sentita? La dama dei pozzi, quella signorina assolutamente dolcissima che, quando vedeva un bambino sporgersi in un pozzo, lo agguantava con le sue unghie affilatissime per portarlo con sé nelle acque scure. Ah, cercava di acchiapparlo – questo secondo la leggenda raccontata ai piccini – soprattutto se monello. Sui metodi educativi c’era da ridire, ma sfido i bimbi che conoscevano questa leggenda a sporgersi. Sì, poi magari c’erano da fare tre, quattro, dieci sedute di psicoterapia eh, ma vivi erano vivi. Queste sono tre, ma la lista in Sardegna, culla dei coraggiosi di cuore, è bella lunga. Tra panas, Sa mama e su sole, processioni di spettri, giornate in cui il legame tra vita e morte si perde e i defunti possono banchettare con noi prendere sonno può essere un miraggio. E ora tutti a chiedere la medicina del malocchio, che male non fa.

 

Photogallery: