Sulla collina silenziosa di Sorres a Borutta, il tempo si è fermato a contemplare la voce dello Spirito. Le pietre secolari e quelle moderne sussurrano storie di fede e di uomini, di mani che hanno costruito e di preghiere formulate nell’etere vivente. L’ombra dell’abbazia abbraccia il passato, intrecciando luce e memoria in un’unica armonia senza tempo.
A Sorres, ogni passo è un viaggio nella storia, ogni respiro porta con sé l’eco di una devozione antica; è mentre il cielo si riflette sulle mura romaniche, il cuore riscopre la bellezza del silenzio. Costruita tra il 1170 e il 1200, la chiesa abbaziale si erge come un testimone silenzioso di un’epoca lontana. La sua bicromia, alternanza di arenaria chiara e basalto scuro, è il riflesso di una dualità eterna: luce e ombra, materia e spirito, terra e cielo. Le decorazioni geometriche con rombi, ruote concentriche, archetti pensili, non sono solo ornamenti, ma frammenti di un linguaggio antico, un dialogo tra l’uomo e il divino. Nel cuore del monastero, la regola di San Benedetto scandisce il tempo: “ora, lege et labora” riporta al “prega, studia e lavora”; e il silenzio non è vuoto, ma spazio di ascolto, di riflessione, di incontro con sé stessi.
Il canto gregoriano, che ancora oggi risuona tra le mura, è un ponte tra passato e presente, un filo invisibile che lega le voci di ieri a quelle di oggi. Dal 1950, i monaci benedettini di Parma hanno ridato vita a questo luogo, trasformandolo in un centro di spiritualità e cultura. Il laboratorio di restauro del libro, attivo dal 1970 fino a pochi anni fa, ha rappresentato un simbolo di questa missione: custodire la memoria, preservare il sapere, dare voce al passato; e mentre il vento attraversa le arcate della chiesa, sembra portare con sé le preghiere di chi, secoli fa, qui trovava rifugio per l’anima.
Oggi, la Abbazia di San Pietro di Sorres non è solo un monumento: è un custode della memoria, un luogo che invita a fermarsi, a respirare, a ascoltare; chi la visita non porta via solo immagini, ma sensazioni, riflessioni, frammenti di un passato che continua a pulsare sotto la superficie della terra.