La Visitazione della Beata Vergine Maria a sua cugina Elisabetta, narrata nel Vangelo di Luca (1,39-56), rappresenta un episodio centrale nella tradizione cristiana, carico di implicazioni teologiche, spirituali e liturgiche. Questo evento non solo sottolinea il ruolo unico di Maria nel piano salvifico, ma incarna anche i temi dell’accoglienza, della solidarietà e della lode divina, culminando nel celebre Magnificat. La festa liturgica della Visitazione, inizialmente legata alla spiritualità francescana e fissata al 2 luglio, fu successivamente spostata al 31 maggio per concludere il mese mariano, su decisione del Concilio Vaticano II. Papa Urbano VI, nel XIV secolo, ne estese l’osservanza a tutta la Chiesa latina, vedendo in essa un simbolo di unità durante il Grande Scisma. L’episodio, oltre a essere un momento di incontro tra due donne portatrici di promesse divine, rivela dinamiche teologiche profonde, come la santificazione di Giovanni Battista nel grembo di Elisabetta e la proclamazione della regalità messianica di Gesù attraverso le parole di Elisabetta.
Dopo l’Annunciazione, Maria intraprende un viaggio dalla Galilea alla Giudea, attraversando la Samaria, per raggiungere Elisabetta, sua cugina anziana e sterile, che aveva concepito Giovanni Battista. Il testo lucano descrive questo spostamento come un atto di premura e servizio, motivato dalla notizia dell’angelo Gabriele riguardo alla gravidanza di Elisabetta (Lc 1,36). L’incontro tra le due donne avviene in una “città di Giuda”, identificata dalla tradizione posteriore come Ain Karem, località oggi incorporata nell’area metropolitana di Gerusalemme. Appena Maria saluta Elisabetta, quest’ultima, “piena di Spirito Santo”, riconosce in lei “la madre del mio Signore” (Lc 1,43), attribuendole un titolo che anticipa la dottrina cristologica successiva. Il movimento di Giovanni nel grembo di Elisabetta, interpretato come un sussulto di gioia, simboleggia la santificazione del Battista già prima della nascita, tema sviluppato dalla teologia patristica. La risposta di Maria alla proclamazione di Elisabetta si concretizza nel Magnificat (Lc 1,46-55), un inno che fonde tradizione liturgica ebraica e innovazione cristiana. Il cantico, ricco di riferimenti all’Antico Testamento (in particolare ai Salmi e al Cantico di Anna in 1Sam 2,1-10), celebra l’azione di Dio nella storia, capovolgendo le logiche del potere umano: gli umili sono esaltati, i potenti deposti, gli affamati saziati.
La celebrazione liturgica della Visitazione affonda le radici nel XIII secolo, quando i Frati Minori, su impulso di san Bonaventura, introdussero la festa nel loro calendario nel 1263, fissandola al 2 luglio. Questa data corrispondeva alla tradizione secondo cui Maria rimase con Elisabetta “circa tre mesi” (Lc 1,56), partendo dopo la nascita di Giovanni Battista (24 giugno) e l’imposizione del nome. La scelta francescana rifletteva una devozione mariana incentrata sull’imitazione delle virtù della Vergine, in particolare la carità e l’umiltà. Nel XIV secolo, la festa si diffuse in Europa con date variabili: a Parigi il 27 giugno, a Genova l’8 luglio, a York il 2 aprile.
Nel 1389, Papa Urbano VI, nel tentativo di promuovere l’unità della Chiesa durante il Grande Scisma d’Occidente, estese la festa a tutta la cristianità latina, adottando il 2 luglio come data ufficiale. La bolla papale spiegava che la Visitazione simboleggiava la speranza che “Cristo e sua Madre visitassero la Chiesa” per sanare le divisioni. Il Sinodo di Basilea (1441) confermò la decisione, nonostante resistenze locali. Tuttavia, la riforma liturgica del Concilio Vaticano II (1969) spostò la celebrazione al 31 maggio, per evitare la vicinanza con la solennità di San Pietro e Paolo (29 giugno) e concludere il mese dedicato a Maria.
San Francesco di Sales, nel suo Trattato dell’Amore di Dio, interpreta la Visitazione come modello di carità attiva: Maria, pur consapevole della propria dignità di Madre di Dio, non esita a mettersi in viaggio per servire Elisabetta. Questo gesto, secondo il santo, rivela che l’umiltà autentica non è disprezzo di sé, ma riconoscimento del posto che si occupa nel disegno divino. La Visitazione diventa così un paradigma per la vita spirituale, dove l’incontro con l’altro è occasione di santificazione reciproca.
La Visitazione della Beata Vergine Maria è un evento poliedrico, che interpella la fede, la storia e l’arte. La sua celebrazione liturgica, nata in ambito francescano e consolidata dal magistero papale, testimonia la perenne attualità del messaggio evangelico della carità. Il Magnificat, con il suo richiamo alla giustizia sociale e alla misericordia divina, rimane un inno profetico per ogni generazione. La devozione popolare, come dimostra il caso di Loano, mantiene viva la memoria di un episodio che unisce cielo e terra, storia e eternità. In un’epoca segnata da divisioni e conflitti, la Visitazione invita a riscoprire la forza trasformatrice dell’incontro autentico, fondato sull’ascolto e sul servizio.
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