Ricordando "San Martino" di Giosuè Carducci

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  Oggi, 11 novembre, celebriamo San Martino, un giorno che richiama la poesia omonima di Giosuè Carducci, capolavoro di immagini e suoni che ci riporta a un’epoca di tradizioni semplici e sentite. Chi non ha mai sentito, almeno una volta, quella frase iniziale scolpita nella memoria: “La nebbia a gl'irti colli piovigginando sale…”? San Martino è una di quelle poesie che, una volta apprese, rimangono indelebilmente incise, divenendo parte della nostra conoscenza, una sorta di rifugio intimo cui si torna ogni volta che il grigiore dell’autunno incombe. San Martino è inclusa nella raccolta "Rime nuove" (1887), che riunisce poesie scritte da Carducci tra il 1861 e il 1887. Il poeta inizialmente l’aveva intitolata “Autunno,” un nome che già racchiude l’essenza malinconica del paesaggio, ma in seguito fu pubblicata come “San Martino” in un supplemento de L’Illustrazione Italiana nel 1883.

  Così, quell’immagine di nebbia, pioggia e mare in tempesta è entrata nei cuori degli italiani come simbolo dell’autunno e della festività di San Martino, una festa che celebra la natura, la raccolta, i vigneti e la convivialità. La lirica è un’istantanea di vita rurale, di un borgo immerso nella semplicità e nella bellezza autunnale. Attraverso versi che danzano tra rime e suoni, Carducci dipinge un quadro vibrante e nostalgico. Nel ribollire dei tini e nell’aspro odore del vino si sente l’eco delle tradizioni contadine, delle usanze che da secoli marcano il passaggio del tempo e delle stagioni. Ogni verso di Carducci sembra respirare la vita stessa della comunità, trasmettendo l’intimità e l’accoglienza del focolare domestico, dell’autunno che rinnova l’anima e accompagna verso l’inverno. 

  L’immagine del cacciatore che osserva gli uccelli in volo tra le nubi rossastre ha una carica simbolica profonda: sono pensieri, ricordi, idee che si spostano, che attraversano il tempo. E nel loro migrare, Carducci riflette quel senso di nostalgia e di distacco, di esilio interiore che tutti abbiamo provato almeno una volta. In questo giorno, rileggere “San Martino” è come fare un tuffo nel passato, riscoprire le radici di una cultura letteraria che ha saputo parlare all’anima delle persone, anche solo con poche strofe. Oggi, ricordiamo Carducci, poeta di una bellezza dimenticata, ma ancora capace di rievocare emozioni profonde, proprio come il vino aspro che va rallegrando le anime nelle vie del borgo. E magari, in questo giorno di San Martino, tra una castagna sul fuoco e un bicchiere di vino novello, possiamo sentire ancora viva quella poesia che ci lega alla nostra terra, al nostro autunno, al nostro tempo.