4 Novembre: San Carlo Borromeo

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  Memoria di san Carlo Borromeo, vescovo, che, fatto cardinale da suo zio il papa Pio IV ed eletto vescovo di Milano, fu in questa sede vero pastore attento alle necessità della Chiesa del suo tempo: indisse sinodi e istituì seminari per provvedere alla formazione del clero, visitò più volte tutto il suo gregge per incoraggiare la crescita della vita cristiana ed emanò molti decreti in ordine alla salvezza delle anime. Passò alla patria celeste il giorno precedente a questo. Nato nel 1538 nella Rocca dei Borromeo, sul Lago Maggiore, era il secondo figlio del Conte Giberto e quindi, secondo l'uso delle famiglie nobiliari, fu tonsurato a 12 anni. Studente brillante a Pavia, venne poi chiamato a Roma, dove venne creato cardinale a 22 anni. Fondò a Roma un'Accademia secondo l'uso del tempo, detta delle «Notti Vaticane». Inviato al Concilio di Trento, nel 1563 fu consacrato vescovo e inviato sulla Cattedra di sant'Ambrogio di Milano, una diocesi vastissima che si estendeva su terre lombarde, venete, genovesi e svizzere. Un territorio che il giovane vescovo visitò in ogni angolo, preoccupato della formazione del clero e delle condizioni dei fedeli. Fondò seminari, edificò ospedali e ospizi. Utilizzò le ricchezze di famiglia in favore dei poveri. Impose ordine all'interno delle strutture ecclesiastiche, difendendole dalle ingerenze dei potenti locali. Un'opera per la quale fu obiettivo di un fallito attentato. Durante la peste del 1576 assistette personalmente i malati. Appoggiò la nascita di istituti e fondazioni e si dedicò con tutte le forze al ministero episcopale guidato dal suo motto: «Humilitas». 

  Morì a 46 anni, consumato dalla malattia il 3 novembre 1584. Compatrono di Milano, è una delle grandi figure della Chiesa cinquecentesca che con la sua opera attuò concretamente la riforma ecclesiale scaturita dal concilio di Trento diventando il modello per tutte le diocesi italiane. Il 19 novembre del 1562 era morto improvvisamente il fratello maggiore Federigo, che grazie allo zio era diventato capitano di Santa Romana Chiesa e prefetto delle galere di Spagna. Siccome non aveva eredi maschi, sarebbe toccato al maschio superstite della famiglia, a Carlo, il compito di continuare la famiglia. Egli avrebbe potuto ottenere facilmente dal papa tutte le dispense necessarie per sposarsi, rinunciando agli incarichi ecclesiastici, tanto più che non era ancora sacerdote, ma soltanto suddiacono. Ma il 16 luglio del 1563 si fece ordinare sacerdote in Santa Maria Maggiore. Il 5 aprile entrava a Milano per non distaccarsene mai più. La situazione della diocesi milanese, composta da 600.000 fedeli, di cui 180.000 nella sola città, una delle più popolose d’Europa, non era delle più confortanti: l’ignoranza del clero e dei religiosi era superata soltanto da quella del popolo. Non meno disastrosa era la moralità di sacerdoti e religiosi. 

  L’igiene era sconosciuta, la miseria serpeggiava dappertutto, l’analfabetismo era diffusissimo insieme con il banditismo. Fino alla morte san Carlo non si risparmiò nella sua opera, pur dedicandosi regolarmente due volte all’anno agli esercizi spirituali che raccomandava ai suoi sacerdoti come la via regale per non dimenticare mai il fine della loro vita, la comunione con il Cristo. Gli ultimi li fece al Sacro Monte di Varallo dove il 22 ottobre del 1584 venne colto da una febbre che si rivelò per una forte terzana. Nonostante gli attacchi febbrili che si facevano più violenti il 29 decise di recarsi ad Ascona, in Svizzera, per l’erezione del collegio Papio. Il 30, mentre stava leggendo il documento di erezione dell’istituto, subì un attacco che lo lasciò esanime. Lo riportarono a Milano con una sosta ad Arona, dove riuscì a celebrare ancora la messa. Alle nove di sera di quello che noi consideriamo il 3 novembre, ma che era in realtà il 4 perché allora il giorno legale cominciava con il crepuscolo, moriva sorridendo. Per questo motivo la sua festa liturgica è stata fissata al 4 novembre. Fu canonizzato da Paolo V il 1° novembre 1610.