Memorie algheresi: L'Ulisse di Alghero (Parte I)

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  Ad Alghero di gente, sotto, sopra e fuori dalle righe, eccentrica o fuori di testa “foras de cap”, non ne è mai mancata. Ce ne sono stati talmente tanti che qualcuno lo abbiamo pure esportato. Al contrario uno di questi, lo abbiamo importato, allora inconsapevolmente in città. “Accurit” arrivato da fuori. Ha lungamente fatto parlare di sé,specialmente al porto, “a la marina de las balcas. Il personaggio a cui era stato affibbiato “lu cistu” il soprannome di Ulisse, solo perché gli piaceva uscire per mare. Non aveva niente a che vedere con il Re di Itaca descritto da Omero, ne dell’Ulisse raccontato dallo scrittore irlandese James Joice. Il nostro Ulisse quasi tutto Algherese venne “cistat” soprannominato in età adulta, in seguito alle sue peripezie marinaresche che per molti anni disturbarono la tranquilla e sonnacchiosa atmosfera“de la marina de las balcas” di Alghero. Ma andiamo per ordine, quando apparve in città Paolo, questo era/è il vero nome, era giovanissimo non parlava in algherese, ma un italiano con una marcata inflessione continentale del sud, non era napoletano non era siciliano. Mutilato ad una gamba, molto probabilmente da un residuato ordigno di guerra, portava una lunga protesi. Probabilmente per le cure e la riabilitazione aveva trascorso tanto tempo presso qualche istituto del continente, dove aveva anche conseguito la qualifica di sarto ed inoltre aveva acquisito una infinità di tecniche e capacità manuali che noi ragazzi proprio non conoscevamo. Insomma non era per niente “sansulè” stupido. Nella sua sartoria, al centro storico, lui faceva di tutto tranne che il sarto nonostante fosse molto bravo e quella bravura, allora, poteva essere una potenziale ricchezza. Credo che percepisse una pensione per invalidi, questa gli consentiva di fregarsene dal guadagnarsi un buon reddito, come sarto “rifinit”. A lui piaceva fare altro, forte della sua formazione tecnica/artigianale, il lungo banco da sarto assumeva le sembianze del banco da laboratorio e lì prendevano forma cose mai viste. All’epoca ad Alghero erano apparse le prime cucine a gas con la bombola, dopo che furono smantellati “lus funelus a galbò” i fornelli a carbone dove il fuoco covava sempre sotto la cenere. Queste cucine a gas si dovevano accendere ogni qualvolta era necessario riscaldare qualcosa utilizzando lus gliumins” i fiammiferi di legno, che per la bassa qualità e la scarsa capacità di strofinare se ne consumavano “una carrara”, tanti. Chi aveva pazienza e costanza nel conservare questi “glumins già ampratz”fiammiferi già utilizzati, si cimentava in costruzioni varie, il Lego ed il Meccano ancora non erano apparsi nei negozi di Alghero. Uno dei lavoretti più eseguiti era la riproduzione della caravella stampata sul pacchetto verde delle sigarette Nazionali Esportazione, senza filtro, ma non c’era paragone con gli scafi che Paolo/ Ulisse costruiva. Stavamo dicendo, questi fiammiferi, consumati in gran quantità si compravano “all’astangu” il tabacchino, in quanto sottoposti al monopolio di stato, e non erano a gratis...si pagavano ovviamente e questo rappresentava una voce nuova e in più al già magro bilancio familiare. 

  Paolo forte delle competenze tecniche, si mise a costruire accendi gas elettrici a 220 Volts. Gli accendi gas piezoelettrici, quelli senza filo, erano ancora sulla luna e non erano stati importati sulla terra. Gli accendini elettrici nei negozi di Alghero non erano ancora apparsi e questo “anventu” invenzione faceva risparmiare, stop ai fiammiferi,la cosa ebbe molto successo nel vicinato. Costruiva sotto i nostri occhi queste meraviglie, con il coperchio di una scatola di sardine formava il supporto per una bobina in filo di rame, un chiodo tagliato e infilato in una molla antagonista autocostruita era la parte mobile ed al passaggio della corrente andava a sbattere la testa su un ferro ritorto, questo continuo sbattere generava “l’aschinchida” la scintilla, l’arco voltaico e il fornello a gas si accendeva a gratis.