“La riforma del catasto,
che ci chiede l’Europa, è illogica per almeno quattro motivi. Il primo:
l’aumento degli estimi catastali coinciderebbe, per paradosso, con il lungo
periodo di crollo del valore delle abitazioni e soprattutto dei locali
commerciali, sempre più danneggiati dal commercio elettronico; il mercato
immobiliare, che in futuro soffrirà anche il decremento strutturale della
popolazione, ne uscirebbe ulteriormente a pezzi e ciò renderebbe più poveri gli
italiani, per i quali il mattone resta la primaria ricchezza. Il secondo
motivo: aumentare la tassazione sugli immobili, a cominciare dall’Imu sulle
seconde case detenute da un italiano su cinque, accentuerebbe la
desertificazione dell’entroterra e delle zone montane del nostro Paese,
Sardegna compresa, dove le abitazioni nei paesi d’origine rappresentano già un
costo insostenibile di cui moltissimi italiani si vorrebbero liberare; un
fenomeno che avrebbe ricadute negative anche sul turismo. Il terzo: l’aumento
del prelievo fiscale penalizzerebbe le nuove generazioni che ereditano immobili
di cui spesso non sono in grado di provvedere economicamente persino alla loro
gestione e manutenzione; è noto, infatti, come oggi, a differenza degli anni
Sessanta, molti figli non riescano ad eguagliare i genitori per qualità del
lavoro e reddito. Quarto motivo: l’aumento della tassazione cadrebbe in una
crisi economica determinata dal periodo pandemico che mostra ancora evidenti
ferite economiche e sociali; con la riforma catastale varierebbe anche l’Isee,
con pesanti ripercussioni sociali, si pensi alla mensa scolastica o alle tasse
universitarie ”.
È quanto spiega
Domenico Mamone, presidente del sindacato datoriale Unsic con oltre tremila
uffici in tutta Italia, a proposito della riforma del fisco, che comprende
anche quella del catasto, inserita nel cronoprogramma del Pnrr. L’ultima
variazione del valore catastale degli immobili risale al 1989, cioè in un
periodo ben diverso per il mercato immobiliare.
Nei giorni scorsi
contro l’aumento della tassazione sulle case si è scagliato anche Giuseppe De
Rita, fondatore del Censis ed ex presidente del Cnel, affermando che
“l’abitazione è il fondamento della convivenza, della stabilità e del
radicamento, per cui è anche un tabù: guai a chi la tocca. L'Imu è la tassa più
odiata, una patrimoniale di fatto”. Il sociologo ha ricordato che per
riequilibrare la distanza tra poveri e ricchi la casa è un elemento ormai
desueto: “Questa distanza passa ormai per il digitale, per la finanza
internazionale, per i risparmi collocati all'estero”.