Le aziende sarde sono sempre più digitali - Indagine di Confartigianato Sardegna

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Le aziende sarde sono sempre più digitali. Gli imprenditori isolani che si sono lanciati nella web economy sono, infatti, 2.822, di cui 442 artigiani. Il settore, che nell’Isola nell’ultimo triennio è aumentato del 3,5%, soddisfa la domanda di servizi Internet, portali web, software e commercio elettronico. Quindi, anche nella nostra regione, un mercato in continua espansione e dalle grandi potenzialità per i piccoli imprenditori. Sono questi i numeri che emergono all’analisi dell’Ufficio Studi di Confartigianato Sardegna che, attraverso i dati di UnionCamere-Infocamere tra il 2015 e 2108, ha analizzato il “Trend 2018 delle imprese digitali totali e artigiane”. 

“La rivoluzione digitale – afferma Antonio Matzutzi, Presidente di Confartigianato Imprese Sardegna – interessa orizzontalmente tutte le imprese. Nessun settore, nessuna attività dell’artigianato e della piccola impresa ne è escluso”. “Abbiamo la straordinaria opportunità di coniugare con le tecnologie digitali, la tradizione, il saper fare, la creatività, il gusto, il fatto su misura – continua Matzutzi - vale a dire le caratteristiche che da sempre fanno grandi nel mondo i prodotti delle imprese italiane a valore artigiano. Il mix che ne esce rappresenta il modello italiano di impresa 4.0, unico nel mondo. E non dimentichiamo mai che i mercati cercano la distintività, l’unicità, non l’omologazione”. Interessante anche la crescita a livello provinciale tra il 2015 e il 2018; la prima è Oristano con un +8,4%, seguita da Cagliari con un +3,5%, da Sassari con il +3,4% e Nuoro con 1,2%. In ogni caso, la Sardegna, con il suo +3,5%, è molto al di sotto della crescita nazionale, che sul 2015 ha registrato un +9,1%, la cui classifica regionale è capeggiata dalla Campania con 15,3%, dalla Puglia e Molise con 11,8%. In coda la Valle d’Aosta con un recessivo -6%. La crescita delle imprese digitali, purtroppo, si scontra con la bassa digitalizzazione del resto del tessuto produttivo. Più di due terzi delle aziende sarde, infatti, ha un livello insufficiente di conoscenza informatica. Al contrario, solo l’8% applica una buona o ottima digitalizzazione dei processi produttivi e ricorre a tecnologie 4.0 nella gestione delle proprie attività. Secondo una recente analisi, ben il 64% delle imprese sarde ha un mediocre livello di informatizzazione dichiarandosi, per questo, “esordiente digitale” o “apprendista”, il 28% ha intrapreso un primo cammino tecnologico qualificandosi “specialista digitale”, mentre solo 8% ha già attuato un importante processo verso la piena digitalizzazione. 

A livello nazionale, Confartigianato, ad alcune migliaia di imprese piccole imprese ad alta vocazione artigianale, ha somministrato un questionario per capire la loro attività sul web. I risultati parlano di 3 diversi profili: il 12% delle imprese è attivo su siti web e/o social network e sul canale e-commerce, a fronte di un 72% attivo su siti web e/o social network, senza esercitare vendite on line; il restante 16% non pratica alcuna attività sulla Rete. Dall’analisi è emerso come, in relazione alla dinamica del fatturato, il 55,3% delle imprese che vendono anche via web, mostrano un aumento del fatturato, quota di 6,1 punti superiore alla media. Le imprese attive sul canale e-commerce presentano una più elevata intensità di relazione con altre imprese, pari al 66,7% dei casi e superiore di 12,1 punti rispetto alla media. È esposto sui mercati esteri il 46,8% delle imprese attive nella vendita on-line, quota che supera la media per 20,3 punti. L’attività innovativa, di prodotto e/o di processo e/o di marketing, viene svolta dall’83% delle imprese che sfruttano su tutti i fronti (sito, social e vendite on-line) le opportunità della Rete, quota più alta di 8,0 punti rispetto la media. L’80,9% delle imprese che vendono sul web hanno programmato nel biennio 2018-2019 di effettuare almeno un investimento digitale, quota di 25,4 punti più alta della media. Una impresa su due (48,9%) attive sull’e-commerce ha introdotto in azienda una o più tecnologie digitali – si tratta di manifattura 3D, internet delle cose, social manufacturing e/o cloud computing, realtà aumentata, realtà virtuale, robotica e nanotecnologie – quota di 7,7 punti superiore alla media. Il segmento delle imprese potenzialmente adatte all’e-commerce è pari al 21,3% delle imprese con sito web e/o social network, a cui si somma il 9,1% di imprese oggi non attive sulla Rete che presentano caratteristiche evolutive adatte alla vendita on line. Si può concludere che ogni 10 imprese attive nelle vendite via web ve ne sono 13 con sito web e/o sui social network che presentano caratteristiche evolutive che potenzialmente le abilitano all’apertura del canale dell’e-commerce. 

Tutto questo conferma la Sardegna, quale terra fertile per lo sviluppo delle attività connesse al web e allo sviluppo della manifattura digitale anche se il settore si scontra con i problemi infrastrutturali comuni a tutto il Paese. Secondo Confartigianato, infatti, le imprese italiane connesse alla banda ultra larga sfiorano il 27% cento, mentre nell’Unione Europea si supera il 40%. Un gap che si riflette sull’attività commerciale delle aziende. Per correre nell’economia digitale, però, servono competenze specifiche. Secondo recenti dati, questa sfida è stata raccolta dal 14% delle piccole imprese regionali, che nel 2018 hanno realizzato corsi di formazione Ict per i propri collaboratori. Ma quasi un terzo dei piccoli imprenditori continua a denunciare difficoltà di reperimento di manodopera specializzata in tecnologie 4.0 e con capacità matematiche e informatiche. Secondo l’Associazione Artigiana, a livello nazionale, le piccole imprese italiane hanno varcato le frontiere dell’innovazione anche per quanto riguarda la robotica. Sono, infatti, circa 9.500 i piccoli imprenditori che utilizzano i robot nelle fasi di produzione.  

“Quello della digitalizzazione delle imprese è un percorso ancora lento soprattutto per le realtà che negli anni hanno costruito solide reti commerciali “tradizionali” – rimarca il Presidente – la trasformazione va gestita soprattutto durante il passaggio generazionale. Rimandare questo “salto” può significare restare fuori da opportunità di crescita”. “L'innovazione danneggia chi non la fa ma è necessario farla con l’anima, la passione e la creatività dell’uomo – conclude Matzutzi - perché non c’è intelligenza artificiale o algoritmo che possa copiare il sapere artigiano oppure imitare o sostituire le cose belle e ben fatte che nascono nelle nostre imprese”.