Olio sardo, l’anno perfetto

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Quando il clima decide di fare la sua parte, l’uomo può finalmente respirare. La campagna olivicola 2025/2026 in Sardegna sarà ricordata come una delle migliori dell’ultimo decennio. Non per abbondanza, ma per purezza. Poche olive, ma perfette. È l’ironia della natura: quando la quantità cala, spesso sale la qualità. Le estati sarde, lo sappiamo, non fanno sconti. Quest’anno, però, quel caldo secco e insistente — 38, 40 gradi senza tregua — ha reso un servizio insperato ai produttori: la mosca olearia, flagello di tante annate, è sparita. Letteralmente azzerata. Nessuna puntura, nessuna larva. Un’oliva pulita, compatta, lucida come una pietra verde.

“Il clima ha fatto quello che per anni abbiamo chiesto ai disciplinari: ci ha regalato un’oliva perfetta”, dice Tore Piana, presidente del Centro Studi Agricoli. Non è solo entusiasmo, è una constatazione. Le analisi confermano acidità bassissime (0,2–0,3%), oli ricchi di polifenoli, fruttati intensi e un colore che al sole pare oro.

Il risultato? Una produzione nella media, ma con una qualità che sfiora l’eccellenza assoluta. La Sardegna quest’anno non si limita a partecipare: detta lo standard. Chi conosce l’isola sa che non c’è un olio sardo, ma tanti. Ogni zona parla la sua lingua. A Siniscola, Torpè e lungo la costa orientale, le olive hanno dato il meglio: rese alte, profumo erbaceo, gusto pulito. Nella Romangia, tra Sorso e Sennori, quantità ridotte ma bottiglie da intenditori. Alghero, fedele a se stessa, ha prodotto un olio armonico, con l’amaro e il piccante che si tengono per mano. In totale, si stimano 310.000 quintali di olive e circa 40.000 di olio, pari a 4,3 milioni di litri. Una resa media del 13%, con differenze leggere da zona a zona.

In un’Europa che produce meno — Spagna e Grecia in calo netto — la Sardegna si trova nel posto giusto al momento giusto. La domanda cresce, l’offerta scarseggia. Risultato: prezzi mai così alti. Il “verdono”, il primo olio novello, si vende tra 13 e 15 euro al litro. Poi, con l’assestamento, il mercato si stabilizzerà intorno ai 12 euro.

Sono cifre che restituiscono ossigeno ai produttori, dopo anni di margini risicati. L’assenza di trattamenti e la sanità del raccolto hanno ridotto i costi. Un’annata che, per una volta, sorride al contadino.

Dietro queste cifre c’è un settore che conta. Oltre 39.000 aziende, grandi e piccole, su 40.000 ettari di oliveti. Un valore economico stimato in 48 milioni di euro. Ma il problema resta sempre lo stesso: troppa dispersione. Settantina per cento dei produttori lavora da solo, senza marchio né rete commerciale. Si produce un olio eccellente che spesso finisce in anonime taniche da miscelare altrove. È come se Leonardo avesse dipinto la Gioconda e poi l’avesse venduta al chilo.

Per Piana la ricetta è chiara: “Dobbiamo valorizzare il marchio ‘Olio Sardo’, unire i produttori, garantire tracciabilità e prezzo giusto. La qualità c’è, manca la regia.” E aggiunge un monito politico: “È ora di approvare un vero Piano Olivicolo Regionale che guardi ai prossimi quindici anni. La programmazione non è un lusso, è sopravvivenza.” Il tono è serio, ma non rassegnato. Chi lavora la terra, del resto, ha poca voglia di lamentarsi: preferisce capire che tempo farà domani. La storia dell’olio sardo, quest’anno, ricorda un vecchio proverbio latino: Fructus sine labore non datur — nessun frutto nasce senza fatica. Eppure, a volte, la natura decide di essere clemente. È un’eccezione, non la regola.

Nel 2025, il caldo ha punito molti campi, ma ha graziato l’olivo. Lo stesso sole che brucia l’erba ha disinfettato l’aria. Un equilibrio raro, quasi poetico. Da qui nasce un olio che non ha bisogno di aggettivi: basta assaggiarlo. La campagna 2025/2026 consegna alla Sardegna una lezione: quando l’uomo e il clima smettono di farsi la guerra, il risultato può essere straordinario. Ora resta la parte più difficile: dare a questo oro verde il valore che merita.

Non basteranno i complimenti dei tecnici o le medaglie dei concorsi. Servirà cultura economica, cooperazione e un po’ di sano orgoglio isolano. Perché l’olio sardo, quest’anno, è perfetto. Ma la perfezione, se non si difende, evapora come l’acqua sulle pietre calde di agosto.