L’energia non è solo il motore invisibile dell’economia mondiale: è anche la leva geopolitica più potente, il banco di prova su cui si misurano interessi nazionali e alleanze traballanti. Lo scenario attuale, caratterizzato da guerre, tensioni commerciali, decisioni unilaterali e fragilità strutturali, racconta la storia di un’Europa che tenta di non affondare in un mare agitato da attori globali senza scrupoli.
Le guerre in Ucraina e in Medio Oriente hanno trasformato la volatilità del mercato energetico in una condizione cronica. La dipendenza dal gas russo, la riduzione della produzione da parte dei paesi OPEC e le tensioni sul prezzo del petrolio — sceso sotto la soglia degli 80 dollari al barile per poi risalire con scatti improvvisi — hanno messo in ginocchio famiglie e imprese.
In questo contesto, ogni Stato cerca la propria salvezza, consolidando forniture alternative o spostando investimenti. È il caso dell’Italia, che prova a stringere accordi nel Mediterraneo e in Africa, e di altri Paesi europei che guardano a partner come la Libia o il Marocco. Ma la frammentazione prevale: nessuna strategia comune, nessuna regia condivisa.
Il Green Deal europeo, pur essendo formalmente al centro dell’agenda, rischia di diventare un miraggio. L’obiettivo di ridurre le emissioni, spingere le rinnovabili e costruire un sistema più equo sembra scontrarsi ogni giorno con la realtà dei prezzi e con le paure delle industrie energivore, sempre più in bilico tra competitività e sopravvivenza.
Il quadro si complica ulteriormente con l’onda lunga delle scelte americane: dal ritiro dall’Accordo di Parigi sotto Trump al sostegno alle trivellazioni interne, fino alla battaglia dei dazi. Questi fattori hanno generato effetti a catena sul mercato globale, minando la stabilità e favorendo speculazioni.
Il vero rischio, sottolineano gli analisti, è che l’Europa finisca schiacciata in un duello tra giganti, incapace di incidere davvero sulle regole del gioco. La prospettiva di una politica energetica comune appare lontana, quasi utopistica, mentre le tensioni commerciali e la frammentazione interna spingono ogni Paese a muoversi in ordine sparso.
Intanto, le imprese affrontano una situazione inedita: margini ridotti, costi di produzione fuori controllo, minacce di chiusure e delocalizzazioni. I consumatori, dal canto loro, si ritrovano a pagare bollette sempre più pesanti, in un contesto di inflazione già preoccupante.
In fondo, l’energia si conferma lo specchio più fedele della nostra epoca: un mosaico instabile, dove la cooperazione si dissolve e ogni Stato, ogni azienda, ogni cittadino si ritrova solo a difendere il proprio spazio vitale.
L’Europa, per non restare spettatrice impotente, è chiamata a scegliere: unire davvero le forze, con una strategia energetica condivisa, o rassegnarsi a recitare la parte di chi rincorre le decisioni altrui.
E la risposta, oggi, sembra più difficile che mai.