Arriva dal Dipartimento di Chimica e Farmacia dell'Università di
Sassari una scoperta destinata ad avere ripercussioni importanti nel
campo della diagnostica e della terapia medica: i nanotubi di carbonio
possono essere visualizzati tramite gli ultrasuoni ecografici.
In
altre parole, questi materiali piccolissimi, nell'ordine del
milionesimo di metro, possono essere utilizzati come mezzo di
contrasto in ecografia.
E' la prima volta che un'équipe scientifica riesce a raggiungere
questa certezza. La scoperta è descritta in un articolo pubblicato nel
mese di ottobre dalla prestigiosa rivista Pnas - Proceedings of the
National Academy of Sciences of the United States of America.
Coordinatrice e prima firmataria della ricerca è la dottoressa Lucia
Gemma Delogu, 30 anni, biochimico dell'Università di Sassari. "Gli
esperimenti iniziavano la mattina presto e finivano la notte -
racconta la ricercatrice - Abbiamo avuto le prime conferme "in vitro",
cioè in provetta; poi, con la collaborazione dell'Istituto
Zooprofilattico, siamo arrivati a constatare l'alto potere ecogeno dei
nanotubi di carbonio anche "in vivo" su tipologie di animali molto
simili all'uomo: i suini.
Volevamo capire se i nanotubi di carbonio,
oltre che ottimi nanomateriali per il rilascio controllato di farmaci,
potessero essere mezzi di contrasto in ecografia; quando i risultati
degli esperimenti hanno confermato la nostra ipotesi, la soddisfazione
è stata immensa".
I nanotubi di carbonio hanno dimostrato un grande potenziale ecogeno
specialmente nel cuore, nel fegato e negli organi dell'addome in
genere.
"Qualitativamente, il potere ecogeno dei nanotubi di carbonio
è corrispondente a quello dell'esafluoruro di zolfo, meglio noto come
SonoVue, un mezzo di contrasto molto diffuso - dichiara la dottoressa
Delogu - In esperimenti effettuati con un simulatore di vescica
abbiamo osservato che i tubi possono essere visualizzati in una grande
varietà di frequenze. Inoltre gli esami istologici ed ematici
effettuati sui suini sette giorni dopo l'iniezione del mezzo di
contrasto, non hanno fatto registrare alcun segno di tossicità: un
aspetto non certo secondario".
Lo studio, durato circa un anno e mezzo, si è svolto in stretta
collaborazione con il dottor Alberto Bianco, direttore di ricerca del
Cnrs - Centre national de la recherche scientifique di Strasburgo,
leader internazionale nel campo delle nanotecnologie e massimo esperto
di nanotubi di carbonio, di recente ospite dell'ateneo sassarese in
qualità di visiting professor. Secondo Lucia Delogu, "è stato il primo
a intuire le potenzialità straordinarie che questo lavoro poteva avere
in campo medico".
Contributi importati sono arrivati anche da dottor
Gianpaolo Vidili e professor Roberto Manetti (Dipartimento di Medicina
Clinica, Sperimentale e Oncologica, Università di Sassari) e da
professor Francesco Sgarrella, vicedirettore del Dipartimento di
Chimica e Farmacia dell'Università di Sassari, al quale la
ricercatrice è molto grata "per il sostegno costante".
Dopo un lungo periodo trascorso alla University of Southern California
a Los Angeles, Lucia Delogu due anni fa è rientrata in Sardegna. Ha
tenuto diversi seminari in Italia e all'estero sulle sue linee di
ricerca inerenti le bionanotecnologie e oggi lavora nel Dipartimento
di Chimica e Farmacia del'Università di Sassari. La ricerca è stata
interamente finanziata dalla Fondazione Banco di Sardegna.
![]()