Sardegna, la politica del niente: quando il caos diventa sistema

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  La Sardegna è bloccata. Non da oggi, non da ieri, ma da un sistema che si regge su promesse non mantenute e su un immobilismo che sta diventando regola. La CISL lancia l’allarme: l’incertezza politica e il rischio di elezioni anticipate sono una sciagura per una regione che non riesce nemmeno a spendere i fondi che ha. Ed è difficile darle torto. La sanità è al collasso, con liste d’attesa infinite e ospedali che arrancano. I giovani continuano a partire, perché qui non trovano altro che contratti precari e prospettive assenti. 

  I soldi del PNRR, che dovrebbero rappresentare una boccata d’ossigeno, restano impigliati nelle reti di una burocrazia soffocante. E intanto, si parla. Si discute. Si rimanda. Il problema, però, non è solo la politica, per quanto inefficace e litigiosa. È l’incapacità di guardare oltre il proprio naso. Si parla di autonomia energetica, di metano, di rinnovabili, ma nel frattempo non si riesce a dare una risposta chiara su chi debba gestire queste risorse e a vantaggio di chi. Si fanno grandi proclami sull’industria, ma i poli come Porto Torres o Sarroch restano ostaggi di un passato che non vuole morire e di un futuro che nessuno sa costruire. La CISL propone 17 punti per rilanciare l’isola. Sanità, infrastrutture, lavoro, contrasto allo spopolamento. 

  Belle parole. Ma il problema non è la mancanza di idee: il problema è che nessuno si prende la responsabilità di metterle in pratica. Perché fare significa rischiare, e rischiare significa scontentare qualcuno. E allora si preferisce non fare niente. Il tempo, però, è scaduto. La Sardegna non può più permettersi di aspettare. Perché aspettare significa perdere altro terreno, altre opportunità, altre persone. E un’isola senza giovani, senza lavoro, senza prospettive, non è un’isola. È solo un pezzo di terra abbandonato in mezzo al mare. Chi governa, oggi, ha una responsabilità enorme. Non solo verso i sardi, ma verso l’idea stessa di futuro. Perché qui, più che altrove, non c’è spazio per l’inerzia. O si agisce, o si muore. E la Sardegna, con tutto il suo orgoglio, non merita questa fine.