Scioperi da aperitivo: quando il diritto al lavoro diventa il diritto al weekend lungo

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  Siamo alle solite. Il prossimo venerdì 13 dicembre si preannuncia nero per il settore trasporti, con un nuovo sciopero di 24 ore pronto a paralizzare il Paese. Un evento che, ormai, sembra essere diventato un appuntamento fisso, quasi un rito, più che una protesta per il miglioramento delle condizioni lavorative. Sì, perché questi scioperi sembrano sempre più spesso coincidere con l'occasione perfetta per allungare il weekend e godersi un venerdì da aperitivo. Quest'anno, poi, l’Immacolata che cade di domenica ha tolto a molti l’attesissimo "ponte", e si sa, gli italiani certe tradizioni non le abbandonano tanto facilmente. Le sigle sindacali gridano alle solite rivendicazioni: salari più alti, migliori condizioni contrattuali, tutela dei diritti. Parole sacrosante, per carità. Ma la coincidenza di questi scioperi con giornate strategiche lascia quantomeno perplessi. Il cittadino medio, quello che ogni giorno si arrabatta per arrivare alla fine del mese, si ritrova bloccato nelle stazioni, in coda agli imbarchi o senza un mezzo pubblico per raggiungere il lavoro, tutto perché qualcuno ha deciso che il venerdì è il giorno giusto per “alzare la voce”.

  Ma alzare la voce contro chi, di preciso? Contro chi è già esasperato? Questi scioperi del venerdì sono diventati una farsa, una pantomima che rischia di svuotare di significato un diritto fondamentale come quello allo sciopero. Non parliamo di lotte eroiche per ottenere condizioni minime di dignità lavorativa, ma di tattiche studiate per massimizzare il disagio altrui e minimizzare il proprio. Certo, lo sciopero è efficace quando colpisce nel momento di massima necessità, ma se diventa un’abitudine ciclica, finisce per perdere ogni credibilità. La domenica dell’Immacolata non ha offerto il consueto ponte? Niente paura, c’è sempre lo sciopero del venerdì a sistemare le cose. I voli saranno cancellati, i treni soppressi, i pendolari lasciati a piedi, e tutti pronti a riversarsi sui social per maledire il mondo intero. E nel frattempo, mentre i sindacalisti brindano alla loro "mobilitazione", i lavoratori davvero in difficoltà continuano a lottare nel silenzio. Quelli non scioperano, perché non possono permettersi di perdere una giornata di paga. Siamo di fronte a una crisi di credibilità che non riguarda solo i trasporti, ma l’intero sistema. Lo sciopero dovrebbe essere uno strumento straordinario per combattere ingiustizie straordinarie, non il pretesto per allungare il fine settimana. I lavoratori meritano rispetto, sì, ma lo meritano anche gli utenti, quelli che pagano il biglietto, che si svegliano all’alba per prendere il primo treno, che sperano di tornare a casa per cena e invece si ritrovano a dormire su una panchina in stazione. Forse sarebbe il caso di tornare a scioperare con dignità, per cause vere e nei modi giusti. Perché altrimenti, di questo passo, il venerdì nero sarà per tutti, ma la rabbia finirà per riversarsi su chi protesta, non su chi dovrebbe ascoltare. E allora sì, sarà davvero un lungo weekend per riflettere.