Quando Donald Trump entrò alla Casa Bianca, portò con sé un approccio radicalmente nuovo nei rapporti con la Russia, un cambiamento che scosse non solo Washington, ma anche l’Europa. Nel 2017, le relazioni tra Stati Uniti e Russia erano segnate dalle tensioni più alte dai tempi della Guerra Fredda. L’annessione della Crimea, l’intervento in Siria e le accuse di interferenza russa nelle elezioni americane del 2016 avevano spinto l’Occidente a isolare il Cremlino con sanzioni pesanti. Ma Trump, fedele al suo stile, capovolse la narrazione tradizionale.
Per Trump, il dialogo con Vladimir Putin non era una debolezza, ma un’opportunità. Dichiarò più volte che “andare d’accordo con la Russia sarebbe una buona cosa”, sfidando una visione bipartisan che considerava Mosca come una minaccia strategica costante. Questo approccio sollevò subito interrogativi, in patria e all’estero.
La sua retorica più conciliante verso Putin generò sospetti, alimentati dalle accuse di ingerenza russa nel voto del 2016 e dall’indagine del procuratore speciale Robert Mueller. Eppure, nonostante le polemiche, la presidenza Trump non si limitò alle parole: imposte nuove sanzioni contro Mosca, dimostrò che, sotto la superficie, la politica americana rimaneva ferma sulle sue linee rosse.
Un momento cruciale fu il vertice di Helsinki, nel luglio 2018, quando Trump e Putin si incontrarono per discutere questioni di sicurezza globale. La conferenza stampa congiunta lasciò il mondo spiazzato. Trump sembrò minimizzare il ruolo russo nelle interferenze elettorali, contraddicendo apertamente le conclusioni delle agenzie di intelligence americane. Per i critici, fu un segno di debolezza e una concessione pericolosa; per i sostenitori, un tentativo audace di instaurare un dialogo diretto con un avversario storico. L’episodio evidenziò il carattere ambivalente della sua politica: da un lato il desiderio di collaborare con la Russia, dall’altro la necessità di mantenere l’egemonia americana.
In Europa, il clima era altrettanto incerto. Per molti Paesi, specialmente quelli dell’Est come Polonia e Paesi Baltici, ogni apertura verso Mosca rappresentava una minaccia diretta alla loro sicurezza. Tuttavia, l’approccio di Trump fu più pragmatico che ideologico. Le sue critiche agli alleati europei per i bassi contributi alla NATO erano finalizzate a spingere i partner a un maggiore coinvolgimento nelle spese militari, un tema che avrebbe ridisegnato il rapporto transatlantico. L’Italia, da sempre in bilico tra la fedeltà agli Stati Uniti e una storica simpatia per Mosca, cercò di sfruttare questa fase per mantenere un equilibrio: dialogare con Trump senza trascurare il ruolo centrale dell’Europa nelle politiche di sanzioni contro la Russia.
Un capitolo rilevante fu quello energetico. Trump si oppose strenuamente al gasdotto Nord Stream 2, considerandolo un rischio per l’indipendenza energetica europea e un ulteriore strumento di influenza russa sul continente. L’Italia, pur non direttamente coinvolta nel progetto, osservava con attenzione, consapevole che la partita energetica riguardava anche le rotte strategiche nel Mediterraneo, dove il nostro Paese aveva interessi primari.
Il rapporto con la Russia fu quindi una miscela complessa di retorica e realtà. Se Trump appariva spesso più disposto al dialogo, le sue politiche, dal rafforzamento della NATO alle nuove sanzioni, dimostravano una linea meno indulgente. Questo doppio binario spiazzava gli alleati europei, che dovevano confrontarsi con un’America meno prevedibile, ma non meno potente.
Per l’Italia, gli anni di Trump rappresentarono una fase di adattamento e opportunità. Il nostro Paese, ponte naturale tra Europa e Mediterraneo, cercò di mantenere un ruolo di equilibrio, evitando strappi con gli Stati Uniti ma preservando un dialogo strategico con Mosca. In un mondo in rapida evoluzione, questa posizione divenne cruciale per difendere gli interessi nazionali.
Concludendo, la politica di Trump verso la Russia non fu mai lineare, ma il suo impatto sul panorama geopolitico globale è innegabile. Nel prossimo articolo, ci sposteremo sul fronte economico, analizzando come i dazi e le politiche protezioniste abbiano ridisegnato il commercio globale e influenzato i rapporti con l’Europa e l’Italia. Restate con noi: l’era Trump continua a svelarsi.