4 Novembre: Ricordo e monito

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  Oggi è il 4 novembre, e la memoria dovrebbe essere sveglia, vigile, non sepolta sotto il peso delle solite celebrazioni formali. La fine della Grande Guerra è un capitolo che troppo spesso sfogliamo distrattamente, come se fosse solo un’altra ricorrenza buona per i discorsi e le corone di fiori. Ma dietro quelle date ci sono storie di uomini veri, di italiani che hanno marciato non per ideali alti e astratti, ma per la sopravvivenza, per una patria che li tradiva ma che continuavano a sentire loro. 

  È facile dire che l’Italia dimentica, che si rifugia nella sua abitudine di celebrare senza ricordare davvero. Ed è vero, ma non basta. Perché gli italiani, loro non dimenticano mai davvero. Possono essere disillusi, amareggiati, ma sanno che dalle macerie si costruisce, pezzo dopo pezzo, quel futuro che la politica troppo spesso abbandona a metà strada. Il 4 novembre dovrebbe essere la nostra sveglia. Non una celebrazione vuota, ma un monito, una scossa. Ricorda che c’è stato un tempo in cui il sacrificio non era una parola da manuale di storia, ma il respiro quotidiano di chi marciava nel fango, di chi scriveva lettere a casa sperando in un domani migliore. 

 E quegli uomini, gli italiani, ce l’hanno fatta, nonostante un Paese che li aveva mandati a combattere senza sapere perché. Oggi ci troviamo davanti a sfide diverse, più subdole, meno epiche, ma non meno reali. E’ qui che dovremmo tornare a imparare da quei volti sbiaditi, da quei nomi incisi nel marmo. Non per rimpiangerli, ma per capire che l’unità e il sacrificio non sono reliquie, ma strumenti per un futuro che possiamo ancora costruire. Gli italiani lo hanno sempre saputo, forse è ora che l’Italia lo ricordi e lo metta in pratica, con coraggio e senza paura di guardare avanti.