Cagliari, una giornata come tante, ma con il sapore pungente delle contraddizioni moderne. Un gruppo di circa cinquanta studenti, accompagnati da alcuni professori, decide di scendere in piazza per contestare la presenza di Roberto Vannacci, eurodeputato della Lega, alla Fiera.
Gli striscioni recano frasi antiche, quasi rituali: “Vannacci stai attento, ancora fischia il vento”. Slogan che richiamano tempi e battaglie di decenni fa, portati avanti da giovani che di quegli anni hanno solo letto, forse in modo sommario.
La manifestazione parte con intenzioni dichiarate: bloccare simbolicamente un personaggio politico. Tuttavia, il paradosso è subito chiaro. Gli studenti si radunano e avanzano, non per il confronto diretto, ma per sfidare l'aria stessa, protetti dalla distanza di un corteo che si infrange contro la linea della polizia, ferma e impassibile.
Dentro, nel Padiglione D, Vannacci non si sottrae e, con un sorriso affilato, lancia una battuta che fa da spartiacque: “Pensavo alla buriana, invece il vento non c’è”. Poi, con un tono più serio, ribadisce un punto essenziale: “La libertà di contestare è sacrosanta, ma mi sarei aspettato di vederli qui, nella sala, per parlare, discutere e confrontarsi”. Una stoccata che evidenzia una mancanza cruciale: il coraggio del dialogo.
Il paradosso è servito: un’opposizione che rifiuta di entrare nell'arena del confronto, che preferisce la sicurezza delle strade battute e dei cori lontani piuttosto che il rischio di una parola faccia a faccia. La protesta diventa allora un rito più che un atto politico, una dichiarazione di esistenza priva di sostanza.
Vannacci, di fronte a una platea attenta, parla dei problemi concreti della Sardegna: la continuità territoriale, la questione energetica, la sicurezza. Temi che affondano nelle preoccupazioni di chi vive sull'isola e che richiedono risposte, non solo slogan. Fuori, invece, il rumore si assottiglia, i cori si dissolvono e l'occasione di un confronto vero si perde tra i ricordi di una marcia che nessuno, alla fine, saprà raccontare con convinzione.
E così, in questo ‘mondo al contrario’, la protesta diventa una pantomima sterile, una marcia senza meta che preferisce rimanere ai margini piuttosto che sfidare l’interlocutore a viso aperto. La domanda resta: dove sono finiti il coraggio e l’intelligenza della contestazione che sapeva farsi sentire davvero? Forse ha ragione il Generale, questo è proprio un mondo al contrario.