Guerra di firme e di ideologie a Sassari: lo scontro sulle teorie queer all'Università

Palazzo Università a Sassari
  In una Sardegna che sembra dividersi su tutto tranne che sulle mode del momento, uno dei più recenti teatri di battaglia è l'Università di Sassari. Da giorni, il corso di Teorie di genere e queer del professor Federico Zappino è al centro di polemiche infuocate, trascinato nel fango delle critiche politiche e delle solite strumentalizzazioni. Non si parla di sanità, non si parla di trasporti, né tantomeno di sviluppo economico, ma di un tema che, pur toccando corde sensibili della società, sembra richiamare più attenzione mediatica e politica di argomenti ben più urgenti e vitali per l’isola. 

  Il deputato leghista Rossano Sasso è stato tra i più veementi nel sollevare il polverone, puntando il dito contro il corso e accusando il docente di promuovere letture che, a suo dire, sfiorano l’apologia della pedofilia. Sasso si è riferito in particolare al celebre saggio di Mario Mieli, "Elementi di critica omosessuale", presente nel programma del corso, pur senza essere obbligatorio. Un libro che, per chiunque conosca le basi del pensiero queer, rappresenta una lettura quasi imprescindibile, ma che per Sasso è semplicemente "schifoso". Inutile ricordare che quel libro si trova in qualsiasi libreria e viene pubblicato da Feltrinelli, non proprio l’ultima delle case editrici. 

  Ma questa è l'epoca dei finti scandali e di moralismi a buon mercato e quindi tutto può diventare una bandiera da sventolare nel nome di battaglie ideologiche. Ed è così che si arriva al contro-attacco. Gli studenti del corso, con un linguaggio che cerca di mantenere compostezza nonostante la rabbia, hanno preso carta e penna per firmare una lettera aperta, nella quale si chiede al deputato Sasso di chiedere scusa. Scuse non solo per le pesanti accuse lanciate contro Zappino, ma anche per il modo in cui ha dipinto gli studenti stessi: semplici burattini, incapaci di sviluppare una coscienza critica. "Siamo esseri senzienti", ricordano gli studenti nella loro missiva, come a voler mettere in chiaro l’ovvio in una società dove ormai nulla è più scontato. 

  Ma la vera questione è un’altra: siamo davvero in grado, come Paese e come Sardegna, di affrontare con questa stessa determinazione i temi che contano davvero? La sanità regionale è in ginocchio, i trasporti soffocano sotto l’incapacità cronica di chi governa, e l’economia affonda ogni giorno di più, ma la rabbia e l’indignazione sembrano riservate esclusivamente a corsi universitari che trattano temi “di moda”. Il professor Zappino è diventato il simbolo di un conflitto che, per certi versi, si alimenta della stessa superficialità che affligge molti dei problemi della Sardegna.

  Si parla di libertà di insegnamento, di articolo 33 della Costituzione, e si invocano battaglie ideologiche come se fossero questioni di vita o di morte. Nel frattempo, però, nessuno sembra accorgersi che, mentre si dibatte sul pensiero queer, la Sardegna continua a perdere terreno su tutto ciò che dovrebbe realmente contare. Se si riuscisse a combattere per la sanità con la stessa intensità con cui si difendono le "Teorie Queer", forse oggi ci troveremmo di fronte a un'isola migliore. Ma evidentemente è più semplice scatenare tempeste su temi che non richiedono risorse economiche. Le vere sfide, quelle che richiedono un impegno concreto e che pesano sulle casse dello Stato, sono troppo complicate. Ed è così che, mentre gli studenti difendono Zappino con un fervore quasi eroico, i problemi reali dell'isola restano sullo sfondo, ignorati come sempre. In fondo la democrazia funziona solo se ci sono cittadini informati e consapevoli. Ma forse, prima di discutere di apologia della pedofilia e di pensiero queer, dovremmo iniziare a discutere di come salvare un'isola che sta affondando sotto il peso della propria indifferenza.