La Sardegna e la giostra della politica: cambiano i colori, ma il peso dell’Isola resta invisibile

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  In Sardegna, la vittoria tanto acclamata per la sospensione del parco fotovoltaico in località Moru Nieddu non può che lasciare un sapore amaro. Il Tar ha applicato la cosiddetta “moratoria” voluta dalla giunta Todde, bloccando per 18 mesi l’installazione di impianti energetici rinnovabili. Eppure, mentre la presidente festeggia una sorta di vittoria legale, la realtà che emerge da questa decisione parla di un altro episodio di stallo. 

  Lo stesso stallo che, da decenni, sembra caratterizzare ogni tentativo di autodeterminazione dell’Isola, dove i proclami di autonomia si scontrano con una realtà politica in cui i sardi sembrano contare sempre meno. La moratoria imposta dalla legge regionale n. 5 del 2023 è nata con l’intento di proteggere il territorio dall’assalto delle energie rinnovabili non pianificate, ma il Tar ha utilizzato questo strumento per respingere il ricorso della società Branduzzo Energia srl. L’impianto in questione era stato bocciato non solo per la moratoria, ma anche perché la zona individuata non era idonea dal punto di vista paesaggistico. Una vittoria per la giunta Todde? Forse. Ma quanto può valere questa vittoria in un contesto in cui il governo nazionale impugna leggi regionali a ogni passo? La moratoria stessa è sotto esame della Corte Costituzionale, e come al solito, i giochi del potere centrale rischiano di cancellare con un colpo di spugna qualsiasi tentativo di autonomia da parte della Sardegna.

  Lo abbiamo già visto nella sanità, con la legge regionale per il richiamo dei medici in pensione che è stata fermata dal governo, e adesso lo vediamo anche nell'energia. I colori della politica cambiano, ma i risultati restano invariati: un'isola che sembra spettatrice passiva delle decisioni prese altrove. Nel contesto energetico, la Sardegna ha provato più volte a tracciare una rotta propria. Le promesse di una transizione energetica "sostenibile" e "democratica", ripetute fino alla nausea, sembrano solo uno specchietto per le allodole. La legge sulle "aree idonee", discussa negli incontri territoriali, e ora la moratoria voluta dalla giunta Todde non sono altro che tentativi di arginare un fenomeno più grande: il dominio del capitale sulle risorse sarde. La verità è che la Sardegna, per quanto strategica dal punto di vista energetico, continua a essere trattata come un'appendice del sistema nazionale, un luogo da sfruttare più che da tutelare. Le battaglie legali, come quella contro la Branduzzo Energia srl, si riducono a episodi isolati di resistenza che, nella grande economia politica nazionale, hanno poco peso. 

  La Corte Costituzionale, tra pochi mesi, potrebbe cancellare questa moratoria con la stessa rapidità con cui il governo ha impugnato altre leggi regionali. La retorica del "controllo del territorio" non è nuova in Sardegna. Ogni giunta regionale, da destra a sinistra, ha sventolato la bandiera dell’autonomia. Eppure, il risultato è sempre lo stesso: leggi impugnate, risorse svendute e un futuro deciso altrove. La recente decisione del Tar, benché possa sembrare un piccolo trionfo, nasconde un'amara verità: finché la Sardegna non sarà realmente padrona del suo destino, ogni vittoria sarà solo temporanea, un’illusione destinata a dissolversi. Gli scontri continui tra Roma e la Sardegna, che siano sul piano energetico o sanitario, mostrano una dinamica ben chiara: la voce dell’Isola continua a rimanere inascoltata, sepolta sotto le esigenze di un sistema centralizzato che fatica a riconoscerne l’importanza strategica. I colori politici cambiano, ma i sardi, sembra, continuano a non contare mai abbastanza.