C’è un male silenzioso e insopportabile che corre nel cuore di questa storia. Una madre, ventidue anni appena, Chiara Petrolini, che partorisce due bambini, uno dopo l’altro, li uccide e li seppellisce nel giardino di casa come fossero rifiuti da nascondere. Come se il dono della vita non avesse valore, come se due creature innocenti non fossero mai esistite. Due piccoli esseri, strappati al mondo ancor prima di potervi mettere piede, condannati dal loro stesso sangue. E questa donna, questa madre, che ora ottiene gli arresti domiciliari.
Mi chiedo, dov’è finita la giustizia?
Viviamo in un paese che spesso si piega di fronte alla tragedia, ma la giustizia non dovrebbe farlo. La giustizia dovrebbe essere il baluardo degli innocenti, dei deboli, di coloro che non hanno voce per gridare l’orrore che hanno subito. Ma oggi, cosa vediamo? Vediamo una madre assassina che non passa neppure un giorno dietro le sbarre, ma viene confinata tra le quattro mura di casa, dove è stata capace di partorire e uccidere. Casa. Quella stessa casa che è stata la tomba di quei due bambini. Non è questa la giustizia che meritiamo. Non è questa la giustizia che i bambini morti meritavano.
E la domanda più devastante è: quale messaggio stiamo mandando al mondo? Che se uccidi due figli, puoi continuare a vivere con comodità? Che non importa quanto orribile sia il crimine, ci sarà sempre una scappatoia, una giustificazione che ti permetterà di sfuggire alla vera responsabilità? Due figli. Non uno. Due. La crudeltà si ripete, come se una volta non fosse bastata, come se quel dolore inflitto una prima volta non avesse avuto alcun peso.
Non è solo un fallimento del sistema giudiziario, ma una ferita nella coscienza collettiva. Come possiamo, come società, accettare una tale sentenza senza indignarci? Quei bambini non hanno avuto voce, e ora chi dovrebbe parlare per loro, il sistema legale, gli avvocati, i giudici, sembra averli abbandonati una seconda volta. Non si tratta solo di dare giustizia per un reato, ma di difendere un principio: la vita umana ha valore, e chi la calpesta deve essere chiamato a rispondere con la severità che merita.
Gli arresti domiciliari non sono una punizione, sono un’offesa. E allora, dov’è lo Stato? Dove sono le istituzioni che dovrebbero difendere la dignità di quei bambini? Perché chi uccide riceve protezione, mentre chi è stato ucciso viene dimenticato?
Ci viene detto che la giustizia non è vendetta, ed è vero. Ma la giustizia deve essere anche proporzionata al crimine. Due vite spezzate, due bambini che non hanno mai avuto la possibilità di crescere, ridotti a fantasmi in un giardino. Questo non può finire con una madre che si accomoda sul divano di casa sua, con una pena che sembra più una pausa che una condanna.
Noi, come società, dobbiamo fermarci e riflettere. Se permettiamo che la vita dei più innocenti, dei più vulnerabili, sia trattata con tale superficialità, cosa ci resta?
La comunità ha espresso parole forti. La madre del fidanzato di Chiara Petrolini ha dichiarato: "Finalmente. È l'unico commento che posso fare." Le sue parole esprimono la rabbia e l'incredulità di fronte a una giustizia che sembra non essere all’altezza della tragedia vissuta.
Chiara Petrolini, infatti, ha confessato di aver partorito, ucciso e seppellito i suoi figli nel giardino della villetta di famiglia a Vignale di Traversetolo. Due neonati, non uno solo. Eppure, la misura cautelare decisa nei suoi confronti è stata quella degli arresti domiciliari, suscitando indignazione in chi chiede che giustizia venga fatta per quei piccoli esseri che non hanno avuto nemmeno il tempo di vedere la luce.
Ora non è chiaro dove verrà collocata la giovane madre, ma una cosa è certa: il vuoto lasciato da quei due bambini rimarrà per sempre un monito silenzioso.