Elogio di un collega. Pier Carlo Carta. È in la' con gli anni. Come me. Siamo, più o meno, coetanei. La cosa per me più importante è che siamo amici. Da sempre. Perché, quando eravamo bambini, nell'immediato dopoguerra, abitavamo a pochi metri l'uno dall' altro. In via Baylle. Nel quartiere storico del porto di Cagliari. Il rione della Marina. Io ero un ragazzino di strada. Anche molto "vivace". Lui un ragazzo mite, riservato, studioso. Pier Carlo Carta, secondo il mio personalissimo parere, è la firma più prestigiosa di oggi, da vari anni, dell'Unione Sarda. È un autentico maestro. Ogni giornalista in erba (ma anche gli altri) dovrebbe leggere i suoi scritti. Perché ognuno è una lezione di giornalismo. Antico. Fatto di qualità nella prosa, di moderazione e di saggezza. Senza mai banalità e luoghi comuni. Senza scorbutici inglesismi. Semmai con qualche citazione latina. Da veterano, io apprezzo ancora più il valore, non più di moda, dei suoi pezzi. E ogni volta mi rendo conto di aver imparato qualcosa. Con gioia. Perché io dico sempre che smetterò di imparare (attività che perseguo con pervicacia) solo quando chiuderò gli occhi per l'ultima volta. Come tanti talenti, Pier Carlo Carta è uno scrittore non celebrato. E per questo sono orgoglioso di farlo io. A proposito, la sua firma sull'Unione non la troverete. Proprio per il suo stile sovrano di riservatezza. Firma le sue perle giornalistiche con uno pseudonimo, Tacitus. Evidente richiamo a Publio Cornelio Tacito. Storico, oratore, senatore romano. Leggetevi il suo geniale componimento di oggi, in prima, a piè di pagina. Nella rubrica "caffè scorretto". In poche righe certifica una vergognosa piaga sociale italiana. Una realtà drammatica che titola "la città dei suicidi". Buon lunedì. Mario Guerrini.
![]()