Non c'è limite all'arroganza americana. La presunzione di autodefinirsi la capitale della pizza di qualità è solo l'ultima delle loro sparate. Recentemente, il New York Times ha osato dichiarare che la migliore pizza del mondo si trova negli Stati Uniti, più precisamente a New Haven, Connecticut. Una provocazione bella e buona, che ha suscitato una giusta ondata di indignazione e incredulità tra chi sa davvero cos'è la pizza.
La pizza è un'arte nata a Napoli, riconosciuta come patrimonio culturale dell'umanità dall'UNESCO. È un dato di fatto che se un aspirante pizzaiolo vuole veramente imparare questo mestiere, deve passare per la città partenopea. Napoli è la culla della pizza, un luogo dove ogni morso racconta una storia di tradizione, passione e maestria. Eppure, qui siamo di fronte all'ennesima americanata, una pretesa insensata di superiorità culinaria.
Dobbiamo fare i conti con l'idea che i giovani pizzaioli americani, senza alcuna reale connessione con le radici storiche e culturali di questo piatto, possano ambire a diventare i nuovi maestri della pizza. Ma l'arte della pizza non è un semplice insieme di ingredienti e tecniche. È un rituale, un'eredità tramandata di generazione in generazione. Come si può credere che un corso di pochi giorni o un po' di entusiasmo possano sostituire secoli di tradizione?
È come dire che Hollywood è il cuore della cultura mondiale solo perché produce più film. La quantità non è qualità, e il rispetto per le origini non può essere accantonato così facilmente. Dobbiamo ricordare che l'Italia ha dato al mondo la vera pizza, un'arte che gli americani possono solo tentare di imitare, spesso senza successo.
La verità è che questi tentativi di appropriarsi di simboli culturali altrui riflettono una mentalità colonizzatrice e irrispettosa. Gli americani possono avere le loro versioni di pizza, ma pretendere di essere i migliori è ridicolo. È ora di dire "giù le mani dalla pizza". Questa non è solo una questione di gusto, ma di rispetto per la cultura e la storia italiana.
È giunto il momento di difendere la nostra tradizione. Magari con un marchio registrato del Made in Italy per la pizza, proteggendo e valorizzando quello che è nostro. Perché l'arte non si manipola e le radici non si tagliano. La pizza è Napoli, e Napoli è la pizza. Punto e basta.
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