Nella calura di un'estate che si preannuncia rovente non solo per le temperature, ma anche per le polemiche che si addensano all'orizzonte, si torna a parlare della Sardegna. Questa volta, il pretesto è la decarbonizzazione, bandiera sotto cui sventolano gli interessi dei grandi produttori di energia elettrica.
Lo scorso 3 luglio, il Bollettino Regionale ha pubblicato una norma che impone un blocco di 18 mesi alle nuove installazioni di impianti rinnovabili sull'isola. Una decisione che ha fatto sobbalzare non pochi operatori del settore, spingendo i principali produttori a chiedere l'intervento del Governo per impugnare il provvedimento. Tra i sostenitori della richiesta emerge la voce autorevole del Ministro Pichetto, che in passato aveva già sollevato dubbi sulla costituzionalità di una tale norma, specialmente in relazione al blocco di progetti già ufficialmente autorizzati.
L'alleanza per il fotovoltaico, dal canto suo, avverte che il tempo è ormai agli sgoccioli. Secondo loro, il blocco non farebbe altro che soffocare i processi di decarbonizzazione dell'isola, un passo indietro rispetto agli obiettivi di sostenibilità e riduzione delle emissioni di CO2.
Ma è davvero solo questo il cuore del problema?
Non si può ignorare come, dietro il manto verde delle rinnovabili, si nasconda l'ennesima invasione. Un'invasione non fatta di soldati o coloni, ma di pale eoliche e pannelli solari. Una colonizzazione energetica che rischia di trasformare il paesaggio sardo, di sopraffare la sua identità con l'imposizione di modelli esterni.
Da una parte, c'è chi vede in queste installazioni una minaccia al territorio, un'ennesima aggressione alle bellezze naturali e alla cultura locale.
Dall'altra, ci sono coloro che vedono nelle rinnovabili un'occasione di progresso, una strada obbligata per un futuro più sostenibile.
Il dibattito è acceso e le posizioni sono ferme. È compito della politica trovare un equilibrio tra sviluppo e tutela del territorio, tra modernità e tradizione. Quello che è certo è che la Sardegna, ancora una volta, si trova al centro di una partita più grande di lei, dove gli interessi economici si intrecciano con quelli ambientali, in un nodo che non sarà facile sciogliere.
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