La figura del "Vigilante della Morale": Un nuovo adempimento inutile per le piccole ASD

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Viviamo in un’epoca molto strana. Dominata dal politicamente corretto e dalla perenne ossessione per la sicurezza. Ecco che prende piede con l'introduzione della riforma dello sport la nuova figura del “Safeguarding Officer” che nelle piccole Associazioni Sportive Dilettantistiche (ASD) rappresenta l’ennesimo adempimento burocratico che non solo risulta superfluo, ma rischia di soffocare la spontaneità e l’essenza stessa dello sport dilettantistico.

  Il “Safeguarding Officer”, concepito come una sorta di paladino della moralità e del buon costume, è un’invenzione che trova giustificazione solo nel disperato tentativo di prevenire problemi che, in realtà, sono già efficacemente gestiti dalla struttura stessa delle ASD. Nei piccoli club, frequentati perlopiù da adulti, l’idea di dover nominare e magari retribuire un “vigilante della morale” appare non solo ridicola, ma profondamente ingiusta. 

  La pallavolo, per esempio, sport che vede squadre dello stesso sesso divise da una rete e governate da un arbitro, è già intrinsecamente regolata da un sistema di valori sportivi che rende superflua qualsiasi ulteriore supervisione moralistica. Se già le risorse sono limitate e spesso le ASD sopravvivono grazie alla buona volontà dei propri membri, imporre l’obbligo di certificare un “Safeguarding Officer” è un lusso che nessuno può permettersi. Non solo si aggiunge un ulteriore possibile onere economico, ma si distoglie l’attenzione dai veri obiettivi dell’associazione: promuovere lo sport e la comunità. 

  Per le piccole ASD, l’introduzione di questa figura si traduce in una spesa inutile che potrebbe essere impiegata in modi molto più produttivi. Viviamo in tempi in cui il politicamente corretto ha ormai contaminato ogni aspetto della nostra società, portandoci a creare problemi dove non esistono e a risolvere quelli inesistenti con soluzioni ridicole. La discriminazione, tanto paventata da certi ambienti, è un fenomeno che nello sport dilettantistico è affrontato e superato attraverso il gioco stesso. 

  La rivalsa e la competizione sportiva sono strumenti sufficienti per rispondere a qualsiasi forma di dissidio praticamente in tutti gli sport, senza bisogno di appellarsi a una figura esterna che con il suo alone di superiorità morale, rischia solo di infastidire e demotivare. L’imposizione di un “Safeguarding Officer” riflette una preoccupante tendenza verso un eccesso di controllo e di regolamentazione, che contrasta con lo spirito libero e comunitario delle ASD. È l’ennesima dimostrazione di come si voglia sempre più limitare l’autonomia e la responsabilità individuale, affidando a terzi compiti che potrebbero e dovrebbero essere gestiti internamente. 

  Questa deriva iper-regolamentativa non fa altro che alienare le persone, trasformando ogni attività in un campo minato di regole e divieti. In definitiva, la figura del “Safeguarding Officer” nelle piccole ASD è l’ennesima manifestazione di un sistema che, nel tentativo di proteggere, finisce per strangolare. È un adempimento inutile che non tiene conto della realtà delle piccole associazioni sportive e che contribuisce solo a complicare ulteriormente la vita di chi, con passione e dedizione, cerca di mantenere vivi i valori dello sport e della comunità. Se davvero vogliamo proteggere e promuovere lo sport dilettantistico, dobbiamo smetterla di inventare ruoli superflui e tornare a valorizzare il buon senso e la responsabilità individuale.