Al porto-canale di Cagliari è giunta una nave che trasporta con sé il peso dell'orrore e della distruzione. La Bahri Yanbu, imponente mercantile saudita, ha attraccato nelle nostre acque, carica di bombe.
Sotto un cielo cupo e gravido di tensione, la Bahri Yanbu è entrata nel porto come un'ombra sinistra, portando con sé un carico di morte. Bombe. E tutto questo, sotto gli occhi attoniti di una città che, solo poche settimane fa, era ignara del destino che l'attendeva.
Le immagini di questa nave, ormeggiata nel nostro porto, evocano scenari di guerra che avremmo voluto relegare alle pagine dei libri di storia o ai telegiornali di terre lontane.
Ma no, la guerra è qui, sotto il nostro naso, pronta a esplodere da un momento all'altro. E noi, impotenti spettatori di questo dramma, possiamo solo osservare con orrore mentre la nave della morte viene scaricata.
Cagliari, una città che ha sempre lottato per la pace e la sicurezza, ora si trova a fare i conti con una realtà inquietante. Le bombe saudite, destinate forse a un nuovo teatro di guerra in Medio Oriente, sono passate dalle nostre mani, dalla nostra terra. E con esse, il sangue di innocenti potrebbe presto macchiare le nostre coscienze.
Dove sono le istituzioni? Dove sono i governi che dovrebbero proteggerci da tali minacce? Mentre i potenti giocano le loro partite geopolitiche, noi cittadini siamo lasciati soli a confrontarci con la paura e l'indignazione. È inaccettabile che il nostro porto, le nostre acque, siano utilizzati come trampolino di lancio per armi di distruzione.
Dobbiamo alzare la voce, pretendere trasparenza, chiedere giustizia.
Non possiamo permettere che Cagliari diventi un complice silente di guerre ingiuste e massacri senza senso. Non restiamo in silenzio. Perché il silenzio, davanti alla morte, è la più grande delle colpe.