Editoriale: La strumentalizzazione del caso di Ilaria Salis

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  Nell'eterna corsa alla poltrona europea, c'è chi non esita a strumentalizzare anche le vicende più delicate per raccogliere consensi. È il caso di Ilaria Salis, la cui candidatura alle prossime elezioni europee è presentata dal padre Roberto come l'ultimo baluardo contro l'ingiustizia e la repressione. 

  Roberto Salis, con un appello accorato, invita a votare per sua figlia non solo per sostenere il partito Alleanza Verdi e Sinistra (AVS), ma per garantirle l'immunità parlamentare che sospenderebbe il processo in Ungheria, dove Ilaria rischia una pena tra gli 11 e i 24 anni. Un atto disperato, verrebbe da dire, ma che solleva interrogativi su come la politica possa piegare anche i drammi personali alle proprie esigenze. 

   "Se eletta, si spalancherebbero per lei le porte della libertà", afferma Roberto Salis. Parole forti, cariche di speranza, ma che nascondono un sottotesto inquietante: l'immunità come scudo contro un processo che, seppur controverso, deve seguire il suo corso. È giusto che una candidatura diventi un mezzo per sfuggire alla giustizia? La domanda resta aperta, e non priva di polemiche. Roberto Salis attacca anche il governo italiano e le sue relazioni con l'Ungheria, mettendo in luce la presunta mancanza di autorevolezza del nostro Paese. 

  "Se fosse stata una cittadina ungherese, mia figlia sarebbe già libera," dice, puntando il dito contro il Ministro della Giustizia Carlo Nordio per non aver certificato la candidatura di Ilaria. Una critica che, pur basata su un fatto reale, sembra voler cavalcare l'onda del malcontento piuttosto che proporre soluzioni concrete. La narrazione di Roberto Salis è chiara: Ilaria come martire di un sistema ingiusto, schiacciata da un governo ungherese oppressivo e tradita da un'Italia debole. Ma è davvero così semplice? La realtà è che il caso di Ilaria è complesso e sfaccettato, e meriterebbe un'analisi più approfondita e meno politicizzata.

  Questa vicenda, infatti, non riguarda solo il destino di una singola persona, ma tocca temi più ampi come l'immunità parlamentare, le relazioni internazionali e la strumentalizzazione politica dei drammi personali. Ridurre tutto a una campagna elettorale rischia di sminuire la gravità della situazione e di creare false speranze. È giusto, come dice Roberto Salis, "risvegliare le coscienze" e "votare a favore dei diritti e contro l'ideologia fascista". Ma bisogna farlo con onestà e trasparenza, senza sfruttare i problemi personali come leva politica. La battaglia per i diritti è sacrosanta, ma non deve diventare un pretesto per ottenere voti a qualsiasi costo.

  La candidatura di Ilaria Salis alle elezioni europee è una questione delicata che merita rispetto e serietà. La speranza è che, al di là della retorica e delle strumentalizzazioni, si possa trovare una soluzione giusta e equa, che rispetti sia i diritti individuali che le leggi internazionali. E soprattutto, che il dibattito politico torni ad essere un luogo di confronto leale e costruttivo, lontano dalle strumentalizzazioni e dalle semplificazioni eccessive.