La Sardegna sprofonda: la denatalità, il vero dramma dell'isola

-
  Signore e signori, diamo il benvenuto al nuovo triste primato della Sardegna, campione di denatalità. Un -0.6% non sembrerà un numero da urlo, ma in termini di vita reale, questo significa una diminuzione di 9.267 anime in un anno soltanto, un vero e proprio spopolamento che supera l'allarmante media nazionale. Il 2022 ha visto la nascita di soli 7.709 bambini, una cifra misera, che segna un calo di 529 neonati rispetto all'anno precedente. È questo il suono silenzioso di un futuro che si assottiglia. I dati Istat aggiornati al 31 dicembre 2022 non fanno che confermare una tendenza già nota: l'Isola si svuota, e si svuota velocemente. 

  I centri di montagna e collina sono i più colpiti, con scenari che sembrano preludere a villaggi fantasma piuttosto che a comunità floride. Il Sud Sardegna ha visto evaporare quasi 3.000 abitanti, mentre Sassari e Nuoro registrano una perdita di circa 1.800 residenti ciascuna. Questo è il prezzo che stiamo pagando, un prezzo che suona come un campanello d'allarme per chi è ancora in ascolto. Nonostante le donne rappresentino il 50% della popolazione, la giovinezza è un ricordo sbiadito anche nella relativamente "giovane" Sassari. E poi c'è Baradili, nella provincia di Oristano, che con i suoi 78 abitanti potrebbe essere scambiato più per una rimpatriata di famiglia che per un comune. Il tasso migratorio? Negativo, ovviamente. Altri 740 hanno detto addio all'isola, forse in cerca di opportunità che qui sembrano essere state sepolte insieme a quelle speranze che un tempo facevano gonfiare il petto. Tra gli stranieri, più di 50.000 residenti provengono da 153 diversi paesi, con una prevalenza di romeni, senegalesi e marocchini che forse cercano in Sardegna quel sogno italiano che agli italiani stessi sembra sfuggire. 

  La domanda sorge spontanea: cosa stiamo facendo? Siamo di fronte a un esodo che non si arresta, una denatalità che sembra una condanna senza appello e un'isola che si svuota non solo delle sue tradizioni, ma del suo futuro. Non è più tempo di rimandare, non è più tempo di politiche timide o di discorsi senza seguito. Serve una rivoluzione, un piano concreto, audace, che restituisca vita a queste terre che ora sembrano contare più tombe che culla. Cari sardi, cari italiani, la Sardegna chiama, e questa volta non è solo un invito a visitare le sue spiagge durante l'estate, ma un grido disperato per salvare il cuore stesso di un'isola che sta lentamente morendo sotto il peso di un'indifferenza colpevole. Non è più il momento di chiudere gli occhi; è il momento di agire.