Editoriale: Il grande bluff dell'intelligenza artificiale nella scuola e oltre

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  Eccoci qui, a parlare ancora di intelligenza artificiale. Questa volta non si tratta di un assistente vocale che ti ricorda di comprare il latte, ma di qualcosa di più ambizioso: una maestra virtuale, Maestra Genia, capace di insegnare più di 30 materie. 

  La trovata viene dalla startup Cogit AI di Reggio Emilia, che giura di rivoluzionare il mondo della scuola. Davvero? Consentitemi di essere scettico. Prima di tutto, l'idea che un algoritmo possa sostituire un insegnante umano è tanto seducente quanto ingannevole. L'istruzione non è solo una questione di trasferimento di informazioni da un database a un cervello umano.

  È un processo complesso, intriso di relazioni umane, emozioni, contestualizzazioni che nessun algoritmo, per quanto sofisticato, potrà mai replicare. Maestra Genia sarà anche capace di condurre interviste virtuali con Einstein, ma sa come motivare uno studente che fatica a trovare la sua strada? Sa come gestire una classe turbolenta un lunedì mattina? 

  Passiamo poi alla questione della veridicità e affidabilità delle informazioni. Il fondatore della startup, Azzinari, ammette che esiste un "margine di errore" e che bisogna "verificare e ricontrollare" le informazioni fornite dall'IA. Ma allora, di che stiamo parlando? Di un assistente glorificato che non fa altro che rielaborare ciò che trova online? E non era questa, signori miei, la grande promessa dell'IA: precisione, affidabilità, superamento delle fallacie umane? Ora, veniamo alla paura che Maestra Genia, e progetti simili, potrebbero "levare il lavoro ai docenti". 

  Azzinari ci rassicura: non è questa l'intenzione. Ma quali garanzie abbiamo? L'automazione ha già mostrato le sue capacità distruttive in altri settori. Perché dovremmo credere che la scuola sarà immune? La verità cruda è che ogni strumento che "semplifica e velocizza il lavoro" è anche uno strumento che rende alcuni lavori obsoleti. Il confronto tra l'introduzione dell'IA nella scuola e quella della calcolatrice, usato da Azzinari, è superficiale e fuorviante. Una calcolatrice non pretende di insegnare matematica; facilita il calcolo, una competenza specifica. Maestra Genia, al contrario, è venduta come un'entità che può effettivamente insegnare, un passo decisamente più invasivo e rischioso. Per concludere, l'intelligenza artificiale nella scuola è un'arma a doppio taglio. Se non regolamentata e controllata attentamente, potrebbe non solo deumanizzare l'educazione, ma anche creare un vuoto di responsabilità dove gli errori non sono più attribuibili a nessuno. 

  "Meglio di me ho fatto solo io", potrebbe dire un giorno l'algoritmo, e in quel momento, chi avrà il coraggio di contraddirlo? La scuola deve rimanere umana, perché educare significa coltivare umanità, non solo trasmettere informazioni. E se davvero vogliamo preparare i nostri giovani al futuro, questo è l'unico percorso possibile.