Bujumannu e l'isola che non c'è

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  La produzione dell’artista di Serramanna, alias Simone Pireddu, in arte Bujumannu, mostra una maturità creativa e un viaggio del suo vissuto in relazione alla propria esperienza terra, territorio e sardità ed identità. Se il territorio e la territorialità sono due concetti la cui importanza in geografia fa sì che questi si pongano in relazione sia sulla formazione delle strutture sociale che sullo sviluppo delle stesse, qui il territorio narrato si presenta polisemico nelle sue espressioni, mostrando nel suo essere il luogo deputato all’esistenza con i propri aspetti fisico chimici naturali, forme geologiche, flora, fauna, acque , ecc., incluso antropici. Il territorio vede nel suo contesto naturale i gruppi umani vivere, crescere ed evolversi trasformando l’ambiente dei loro insediamenti. È in questo processo che l’ambiente assume la connotazione di artefatto sia artistico che immaginativo perché nella sua trasformazione antropologica ne è un derivato e non solo. Il territorio diventa un prodotto per l’azione degli uomini ed una configurazione del mondo e della superficie terrestre. In contemporanea a tale processo trasformativo ed evolutivo la territorializzazione vede instaurarsi quell’azione processuale della natura in artefatto umano che contribuisce all’evoluzione di un gruppo umano, società, che strutturerà le proprie percezioni, rappresentazioni e costruzioni identitarie. È l’intersecarsi dell’elemento diacronico con quello sincronico, cioè la contemporaneità di potere individuare in ogni momento le caratteristiche specifiche del territorio, e dall’altra di potere individuare invece i molteplici valori che sono stati designati al medesimo territorio stratificandosi e sovrapponendosi nel tempo. Da qui l’affermazione che il territorio è un soggetto vivente.

  Esso è la risultante delle relazioni degli insediamenti umani con l’ambiente, il quale viene trasformato nel susseguirsi delle evoluzioni sociali e delle civiltà a lui relazionate. Ecco il perché il territorio non è da considerarsi solo come un esclusivo oggetto fisico che esiste in natura, ma questo è il risultato di un processo di territorializzazione, di organizzazione di uno spazio fisico di una società o civiltà insediatasi. Nella finzione artistica anche i relativi mondi di Bujumannu possiedono una propria geografia e territorialità. È importante potere identificare nell’opera finzionale il processo di territorializzazione che struttura l’opera e dove una teoria geografica è il processo di territorializzazione. Il processo di territorializzazione e la struttura geografica non è qualcosa di banale. Se lo si prova a rappresentare scrivendolo cosa accade? L’immaginario e la realtà sono strettamente intrinsechi e l’artista diventa “l’autore della propria isola, di Atlantide, della Sardegna vissuta ed immaginata”. I luoghi descritti hanno così come un debito nei confronti del loro autore e contemporaneamente l’autore lo ha verso i luoghi medesimi, dove lo spazio umano è corrisposto da rappresentazioni che lo strutturano e configurano. Vi è nell’agire territoriale una stretta relazione legata sia all’ambito dei processi materiali simbolici che a quelli che hanno luogo all’interno dell’opera finzionale. La consapevolezza di sé si costruisce con i rapporti e con le relazioni con il mondo e con la medesima idea che l’artista si fa. per la costruzione del proprio profilo individuale che di quello sociale umano. Nel porre in risalto sia le modalità narrative che la costruzione degli scenari con qualità geografiche costruite dall’autore, ed i luoghi dove si svolgono le azioni narrative, i brani accompagnano l’ascoltatore in un viaggio sia paesaggistico che intimista lasciando spazio ai pensieri meditativi delle relazioni umane sociali ed individuali. Incluso anche quelle modalità narrative per le quali i personaggi abitando questo mondo, sperimentano sé stessi. La geografia della fiction è il prodotto dell’insieme di piani e predisposizioni della territorializzazione. Una prima distinzione del come si dota la narrazione del mondo finzionale è la preesistenza alla narrazione, mentre un’altra è che essa prende forma nel corso della narrazione. Tutte due fanno parte di un medesimo processo della creatività. Il lessema “paesaggio” come vocabolo nel suo significato va analizzato all’origine del proprio etimo. La radice “paese” accoglie in sé anche l’idea di comunità, di paese, e che poi ogni comunità elabora seconda la propria specificità. A sua volta il paesaggio è ciò che ogni cultura elaborando realizza intervenendo sulla natura e territorio al quale gli si attribuisce un significato, una simbologia propria, un peculiare universo sociale nel quale si identifica. È una relazione tra l’ambiente e la comunità che ne detta le regole di gestione e trasformazione dove l’identità della medesima si manifesta nella consapevolezza di questa relazione manifestandosi in usi e costumi, rappresentazioni, caratterizzandone il territorio stesso. Perciò vivere il territorio, conoscere le proprie risorse naturali, conoscerne la natura e prendere consapevolezza che ne siamo parte, si partecipa alla presa di coscienza e conoscenza del proprio spazio e “paese”, nel quale non solo modelliamo noi stessi, ma ne veicoliamo attraverso concetti ed immagini, suoni, musiche e canzoni, ed anche di un paesaggio o idea del paesaggio. È una rappresentazione di un vivere sociale o comunitario che genera processi di identità e riconoscimento nel medesimo. Il paesaggio non è così un panorama o un’immagine estetica di una raffigurazione. Ciò ricadrebbe nel campo dell’iconema, concetto che vuole designare particolari di riferimento sui quali si costruisce un’immagine di un paese o territorio. Ma se il paesaggio è anche la rappresentazione di un vissuto comunitario o individuale, che si pone in relazione dialogica con il territorio, è necessario e fondamentale fare presente che le società umane costruiscono il proprio territorio non solo in base alle esigenze comunitarie e collettive, ma anche del singolo e dell’artista Bujumannu. Queste non si comportano solo come semplici oggetti che vogliono soddisfare i propri bisogni e sostentamenti adattandosi agli ambienti, ma dello spazio che vivono e si appropriano lo caricano di simboli, segni, rappresentazioni, canzoni e suoni. Ci si identifica in esso. Perciò l’uomo vive il suo territorio e il suo spazio caricandolo di significati dettati dal proprio vivere in esso, prendendo coscienza e memoria del suo territorio attraverso i sensi: lo spazio vissuto. Lo spazio vissuto è quel territorio, quel luogo, quegli ambienti che l’uomo, o una comunità vivono fin da bambino, dotandolo di affettività, di senso del tempo e della distanza. È la somma di diversi elementi, quali l’età, il sesso, classe sociale e cultura dando un senso spazio temporale concettuale acquisito. È quello che segue l’iter della vita, che si dilata dalla prima infanzia fino all’età adulta. Si stabilisce quel legame definito “topofilico”, amore e legame affettivo verso il territorio medesimo. L’uomo e la sua comunità elaboreranno convenzionalmente attraverso l’arte, il linguaggio ed altre espressioni, l’esplicazione dei loro vissuti e del territorio, dove il linguaggio si presterà ad essere formatore del mondo, e di quella Atlantide, isola sarda che Bujumannu declama. Perciò la sua musica trarrà il proprio significato dalla sua cultura o cultura di appartenenza e territorio d’appartenenza. Infatti la produzione artistica di Bujumannu in Atlantide si avvale dell’illustrazione di Giuseppe Todde e della grafica di Simone Bardi, dove le raffigurazioni accompagnano l’osservatore ad immaginare un orizzonte arcaico ed arcano, le cui pietre vive sono permeate di vita perché Atlantide e la sua terra sono vive e comunicative.