Un Premio alla carriera che ha il valore di un premio alla donna e
all’artista di classe capace di regalare emozioni come solo i più
grandi sanno fare. Luciana Savignano lo ha dedicato alla Danza, per la
quale auspica un futuro bellissimo, e allo straordinario gruppo di
ballo che la ha accompagnata nella nuova versione del “Bolero”
ispirato al dramma del femminicidio.
Un lavoro di forti suggestioni
presentato a Sassari in prima nazionale assieme ai solisti di Padova
Danza.
Il prestigioso riconoscimento, assegnato dal “Festival della Danza
d’autore – Corpi in movimento”, è stato consegnato sul palcoscenico
del Teatro Verdi, tra applausi scroscianti, dalle mani di Angela
Mameli in rappresentanza della Fondazione di Sardegna (uno degli enti
sostenitori della kermesse assieme a Mibact, Ras, Comune di Sennori e
Comune di Sassari).
Mameli, al fianco della presidente dell’associazione Danzeventi, Lucia
Cau, e del giornalista Salvatore Taras che ha presentato l’evento, ha
definito la Savignano “un vero mito, autrice di un pezzo di storia
della danza non solo italiana”.
Le emozioni della serata sono iniziate fin dalle prime note di Ravel,
sempre più incalzanti, rivisitate dal musicista Enrico Gabrielli per
le coreografie di Milena Zullo. Le file al botteghino e la forte
partecipazione di pubblico hanno costretto a rinviare di qualche
minuto l’inizio dell’avvenimento, al fine di consentire a tutti gli
spettatori di prendere posto in sala.
E è stato subito spettacolo. In “Bolero, prigionia di un amore”
l'Étoile Internazionale Luciana Savignano e gli artisti di Padova
Danza diretti da Gabriella Furlan Malvezzi hanno ipnotizzato gli
spettatori per oltre cinquanta minuti di forte intensità emotiva. La
versione ipersensuale di Bejart ha lasciato il posto a una
trasposizione più intimistica in cui l’afflato di libertà diviene un
urlo di prigionia. L’urlo che squarcia il silenzio in una società
martoriata dal femminicidio.
È il racconto della segregazione di un amore malato, in cui la voce
narrante dell’attore Matteo di Girolamo parla attraverso le parole di
vittima e carnefice, accompagnando le movenze magiche dei danzatori.
Due voci distinte si manifestano come parte della medesima natura, a
indicare che il dramma della violenza di genere non conosce confini.
Ma è anche il racconto della mortificazione, dell’incapacità del mondo
contemporaneo di proteggere la laica sacralità della Bellezza.
Il prossimo appuntamento con il festival della danza è mercoledì 11
settembre al Teatro Verdi con la compagnia inglese “Möbius Dance” che
presenta l’opera “Time moves slow dramatis personae”.