Non era una sorpresa, ma forse un po’ di stupore rimane sempre quando Giulio Andreotti torna a governare. E non era la prima volta, anzi: ormai Andreotti era già una figura quasi mitologica, un’ombra che si muoveva tra le pieghe della politica italiana, capace di riemergere sempre nei momenti più complicati. Il suo settimo mandato da Presidente del Consiglio, iniziato nel 1989, lo vide affrontare un’Italia diversa, dove i vecchi equilibri della Democrazia Cristiana cominciavano a scricchiolare e il mondo esterno stava cambiando rapidamente. Se c’è qualcuno che sa come adattarsi a queste mutazioni, è proprio il “Divo Giulio”.
Andreotti aveva già attraversato tutto: le crisi degli Anni di Piombo, le instabilità della Guerra Fredda, e persino i sospetti di relazioni oscure con la mafia e la politica sotterranea. Eppure, nel 1989, torna al potere come se niente fosse. La sua capacità di rimanere sempre al centro della scena, di dominare il dibattito politico senza mai imporsi con gesti plateali, lo rendeva un enigma per molti, un leader che si muoveva nel buio ma che, quando necessario, era capace di prendersi la scena.
Un aneddoto interessante, che racconta bene la figura di Andreotti, riguarda una sua battuta in Parlamento: durante un’accesa discussione, un giovane deputato lo accusò di essere il simbolo di una politica vecchia e stantia. Andreotti, con il suo tipico sorriso enigmatico, rispose semplicemente: "Meglio vecchio e saggio che giovane e... vedremo." Le risate che seguirono non oscurarono il fatto che Andreotti, nonostante tutto, rimaneva una figura inattaccabile.
Era come un grande saggio che, dall’alto della sua esperienza, osservava tutto e tutti, pronto a intervenire al momento giusto.
Il settimo governo Andreotti, a differenza dei precedenti, si trovò a navigare in un periodo di cambiamenti globali profondissimi. Il crollo del Muro di Berlino nel novembre del 1989 segnò la fine della Guerra Fredda e aprì una nuova fase storica per l’Europa e il mondo intero. L’Italia, che per decenni aveva vissuto sotto l'ombrello della NATO e in equilibrio tra le potenze occidentali e il blocco sovietico, doveva ripensare il proprio ruolo internazionale. Andreotti, come sempre, sapeva adattarsi alle nuove condizioni, ma senza mai perdere di vista la sua filosofia di fondo: la politica estera non si fa con i proclami, ma con le relazioni stabili e durature.
Fu in questo periodo che Andreotti consolidò il suo ruolo di mediatore tra le potenze europee, soprattutto con la Germania e la Francia. Con il cancelliere tedesco Helmut Kohl e il presidente francese François Mitterrand, Andreotti formò un asse decisivo per gestire la fase post-Guerra Fredda. Si racconta che durante una cena ufficiale, mentre tutti parlavano con toni entusiasti di una nuova Europa unita, Andreotti, con il suo solito pragmatismo, sussurrò a un collaboratore: "Sì, tutto molto bello. Ma chi pagherà il conto?"
Ma non si può parlare di Giulio Andreotti senza menzionare le ombre. Il suo nome, negli anni, è stato associato a vari scandali, dalla P2 al rapporto con la mafia.
Tuttavia, Andreotti ha sempre mantenuto quel suo distacco imperturbabile, come se le accuse lo scivolassero addosso senza mai intaccare veramente la sua figura. Fu proprio durante questi anni che cominciarono a emergere i primi sospetti concreti sul suo legame con personaggi ambigui, ma ogni volta Andreotti riusciva a uscirne quasi indenne.
Un altro aneddoto racconta che, durante un processo, un magistrato gli chiese come mai avesse avuto tanti incontri con personaggi sospetti. Andreotti, senza scomporsi, rispose: "In politica si incontra chiunque, ma non si abbraccia nessuno." Una frase che riassume bene il suo modo di fare: vicino a tutti, ma sempre distante quel tanto che bastava per non farsi coinvolgere troppo.
Tuttavia, nonostante la sua capacità di resistere, la Prima Repubblica stava lentamente collassando sotto il peso degli scandali di Tangentopoli. Andreotti, che ne era stato uno dei pilastri, si trovò a fronteggiare un’epoca che non aveva più spazio per i giochi di potere segreti, per i compromessi dietro le quinte. La sua parabola politica cominciò a discendere, e anche se continuava a essere una figura rispettata, il vento stava cambiando inesorabilmente.
Con il settimo governo Andreotti, si chiude simbolicamente un capitolo della storia italiana. Le “convergenze parallele” e la politica dell’ombra non avevano più lo stesso fascino. Ma non è ancora finita. Nel prossimo episodio, ci sposteremo su un altro protagonista della politica italiana: Giuliano Amato, l'uomo che avrà il compito di gestire l’Italia nei primi anni '90, in un periodo di crisi economica e sociale senza precedenti. Amato, con il suo stile sobrio ma incisivo, dovrà fare scelte difficili che cambieranno per sempre il volto del Paese.