Piatti a S'Antiga: Malloreddus cun Bagna de Caboniscu

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I Malloreddus cun bagna de caboniscu (gnocchetti sardi con salsa di galletto) rappresentano una delle pietanze più radicate nella tradizione culinaria sarda, un piatto che racconta storie di famiglie, di domeniche in campagna, e di antiche usanze che si tramandano di generazione in generazione.

Ingredienti per quattro persone:

  • Un galletto ruspante (o un pollo ruspante, in sostituzione)
  • Una cipolla
  • Due spicchi d'aglio
  • 400 gr di passata di pomodoro
  • 300 gr di malloreddus
  • Un pizzico di zafferano
  • Olio e sale q.b.
  • Qualche foglia di basilico
  • 100 gr di pecorino sardo grattugiato

Preparazione:

Per iniziare, procuratevi un galletto o un pollo ruspante dal vostro pollivendolo di fiducia. Una volta pulito ed eviscerato, tagliatelo in piccoli pezzi. In una padella, fate dorare la carne con un po' d'olio, la cipolla tagliata a pezzetti e gli spicchi d'aglio. Appena l'aglio sarà dorato, rimuovetelo dalla padella e aggiungete la passata di pomodoro. Aggiustate di sale, aggiungete una puntina di zucchero e un pizzico di zafferano per arricchire il sapore del sugo. Quando la carne sarà cotta, spegnete il fuoco e aggiungete qualche foglia di basilico fresco a piacere.

Nel frattempo, portate a bollore dell'acqua salata e fate cuocere i malloreddus. Una volta scolati, mescolateli con il sugo di galletto, assicurandovi che siano ben conditi. Completate il piatto con una generosa spruzzata di pecorino sardo grattugiato.

I malloreddus, conosciuti come gnocchetti sardi, sono un tipo di pasta tipica del sud dell'Isola, la cui denominazione deriva dal termine "malloru", che in sardo significa "toro" o "vitellino". Questo nome riflette la forma piccola e robusta degli gnocchetti, che anticamente venivano preparati con tecniche e strumenti tradizionali, come su ciuliri, un setaccio di paglia rigata utilizzato nelle case per la panificazione, o sa tauledda, una tavoletta di legno tipica di Quartu Sant'Elena, che imprimeva la caratteristica arricciatura e le righine su ogni pezzo di pasta.

La sera prima di preparare la pastasciutta, si impastava la semola con acqua e sale e si lavorava a lungo. Gli spaghetti ottenuti, su stendiu, venivano poi tagliati in piccoli pezzi e modellati su sa tauledda per dare loro la forma tipica. La pasta poteva essere consumata fresca il giorno successivo o lasciata asciugare per un paio di giorni, se si preferiva essiccarla.

Nelle famiglie rurali, i malloreddus col sugo di galletto erano il piatto tipico della domenica. In un'epoca in cui la carne era un alimento raro, i galletti ruspanti, considerati improduttivi, venivano sacrificati per dare sostanza a un piatto ricco e gustoso, capace di nutrire e riunire tutta la famiglia intorno alla tavola.

La tradizione della pasta in Sardegna ha radici antichissime. Già nel Trecento, l'Isola era nota per l'esportazione di pasta essiccata, destinata ai mercati della penisola e oltre. I registri doganali del Medioevo e dell'età moderna attestano l'export di prodotti come i macaroni, i fideli e altre tipologie di pasta verso porti catalani, genovesi, napoletani e pisani. Tra il XIII e il XIV secolo, la Sardegna era considerata la principale concorrente della Sicilia nella produzione di pasta, con una reputazione che si estendeva ben oltre i confini nazionali.

Anche nel Seicento, le produzioni sarde erano oggetto di note e testimonianze, come quella del visitatore reale Martin Carrillo, che nel 1611 elencava tra le specialità sarde una vasta gamma di paste, dalle lasagne ai maccheroni, dai fideli alla fregola, confermando l'importanza di questa tradizione.

Oggi, i malloreddus cun bagna de caboniscu non sono solo un piatto, ma un patrimonio culturale, una testimonianza vivente di come il cibo possa raccontare la storia e l'identità di un popolo. Con ogni boccone, si assapora non solo il sapore della Sardegna, ma anche il lavoro, la dedizione e la passione delle generazioni che hanno mantenuto viva questa tradizione.