L'Italia tra mito e realtà, capitolo 6: Tarquinio Prisco - Il re etrusco

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  Dopo la morte di Anco Marzio, Roma si trovava a un punto cruciale della sua crescita. La città, che aveva ormai posto solide basi grazie alle opere del suo predecessore, si preparava a un’evoluzione che avrebbe cambiato per sempre il suo volto. Ed è in questo contesto che un uomo venuto da lontano, un etrusco di nome Lucumone, destinato a diventare Tarquinio Prisco, salì sul trono, portando con sé una ventata di novità e ambizioni che avrebbero lasciato un segno indelebile nella storia di Roma. Lucumone non era nato romano, né tantomeno apparteneva all’aristocrazia della città. Veniva da Tarquinia, una delle città più prospere dell’Etruria, figlio di Demarato, un immigrato greco fuggito da Corinto, e di una nobile etrusca. Pur essendo benestante, Lucumone sentiva che a Tarquinia non avrebbe mai potuto realizzare le sue ambizioni. 

  Fu allora che la sua astuta moglie, Tanaquilla, intervenne, suggerendo di cercare fortuna altrove. E quale meta migliore di Roma, una città giovane e in piena espansione, dove le opportunità sembravano infinite? Durante il viaggio verso Roma, un episodio segnò la loro strada: un’aquila, scesa dal cielo, strappò il berretto dalla testa di Lucumone, per poi restituirglielo dopo un volo circolare. Tanaquilla, che non perdeva mai occasione di vedere presagi favorevoli, interpretò l’evento come un segno del destino: il suo consorte era destinato a grandi cose. Arrivati a Roma, Lucumone, ribattezzato Tarquinio, non perse tempo a farsi notare. Grazie alla sua personalità carismatica e all’appoggio costante di Tanaquilla, che sapeva muoversi con astuzia nel complesso panorama politico, Tarquinio guadagnò rapidamente il favore del re Anco Marzio. Quando Anco morì, Tarquinio, con un’abile manovra, spedì i figli del defunto re lontano da Roma, assicurandosi così il trono senza troppi ostacoli. Una volta al potere, Tarquinio Prisco non tardò a dimostrare che la sua elezione non era stata frutto del caso. Se Roma doveva diventare una grande città, doveva avere grandi opere. Fu così che, con il gusto tipicamente etrusco per l’opulenza e la monumentalità, Tarquinio avviò la trasformazione di Roma in una città degna del suo crescente prestigio. Tra le sue prime grandi realizzazioni vi fu la Cloaca Maxima, un'opera ingegneristica colossale che permise di bonificare le aree paludose della città, gettando le basi per la costruzione del Foro Romano. 

  Ma Tarquinio non si limitò a costruire fognature. Consapevole dell’importanza del culto nella vita pubblica, iniziò la costruzione del Tempio di Giove Capitolino, destinato a diventare il cuore religioso e politico di Roma. Con queste opere, Tarquinio comprese che il potere di Roma non risiedeva solo nelle sue armi, ma anche nella sua capacità di stupire e impressionare con la grandezza delle sue realizzazioni. Accanto a Tarquinio, Tanaquilla continuava a svolgere un ruolo fondamentale. Non solo come moglie devota, ma come consigliera e stratega, capace di vedere opportunità dove altri vedevano solo rischi. E proprio grazie alla sua influenza, Tarquinio non trascurò l’importanza di integrare i nuovi popoli sotto il dominio di Roma, consolidando le conquiste militari con la costruzione di nuove colonie e l’assimilazione delle popolazioni sottomesse. Nonostante le sue grandi opere e l’innegabile successo, Tarquinio Prisco non era immune dalle insidie della politica romana. La sua sete di potere e il fatto di essere un re straniero lo resero inviso a una parte dell’aristocrazia. Dopo 38 anni di regno, Tarquinio fu vittima di una congiura, assassinato da sicari inviati dai figli di Anco Marzio, che finalmente decisero di reclamare il trono. Ma la sua morte non cancellò l’eredità che aveva lasciato. Le sue opere, la sua politica e la sua visione avevano trasformato Roma da città emergente a potenza in ascesa. Grazie a lui, Roma iniziava a vedere se stessa non solo come una città potente, ma come un centro di cultura e civiltà destinato a dominare il mondo. Con Tarquinio Prisco, Roma fece un passo decisivo verso la grandezza. La sua eredità, portata avanti da Servio Tullio, avrebbe continuato a plasmare il destino della città, preparando il terreno per quella che sarebbe diventata la Repubblica Romana.