L'Italia tra mito e realtà, Capitolo 3: Numa Pompilio - Il re sacerdote

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  Con la morte di Romolo, avvolta nel mistero come abbiamo visto, Roma si trova a dover affrontare una delle prime grandi sfide della sua giovane esistenza: la successione. Il fondatore è scomparso, lasciando dietro di sé una città in crescita, ma ancora fragile. La scelta del nuovo re non è solo una questione politica, ma anche simbolica. Roma ha bisogno di stabilità, di ordine e, soprattutto, di una guida che sappia trasformare la violenza delle sue origini in qualcosa di più duraturo. E qui entra in scena Numa Pompilio, un uomo che sembra l’opposto perfetto di Romolo. Se Romolo era il guerriero, il conquistatore, Numa è il saggio, il pacificatore. 

  I romani, forse stanchi delle guerre e delle tensioni che avevano segnato il regno di Romolo, accolgono con favore l’ascesa di questo nuovo re, che promette di portare pace e prosperità. Ma Numa non è solo un uomo di pace; è soprattutto un uomo di fede, e il suo regno sarà caratterizzato dalla creazione di quelle strutture religiose e legali che daranno a Roma l’identità che tutti conosciamo. Il primo atto di Numa è quasi provocatorio nella sua semplicità: bandisce la guerra per tutta la durata del suo regno. Sotto il suo comando, i cancelli del tempio di Giano – il dio bifronte che presiede agli inizi e alle fini, e in particolare alla guerra e alla pace – restano chiusi, un segnale inequivocabile che Roma, per una volta, non avrebbe cercato di espandere i suoi confini con la forza. 

  Questa decisione non era solo un capriccio personale; Numa sapeva bene che per consolidare Roma c’era bisogno di tempo, e soprattutto di pace, per poter costruire una società stabile. Ma Numa non si ferma qui. È convinto che una città non possa prosperare senza una guida morale e spirituale, e così si dedica a organizzare il pantheon romano e a stabilire i rituali che sarebbero diventati il cuore della vita religiosa di Roma. Numa fonda il collegio dei Fetiales, sacerdoti incaricati di garantire che le guerre siano dichiarate solo per giusta causa, e istituisce i Flamines, i sacerdoti dedicati ai principali dei della città: Giove, Marte e Quirino (che, guarda caso, era lo stesso Romolo divinizzato). Con queste istituzioni, Numa riesce a fare di Roma non solo una città di guerrieri, ma anche di fedeli devoti, legando il destino della città agli dei e alla loro volontà.

  Ma c’è di più. Numa è anche un abile legislatore. Comprende che per dare stabilità a Roma non basta invocare gli dei; bisogna anche dare alle persone regole chiare e giuste. Così, elabora una serie di leggi che regolano la vita quotidiana dei romani, stabilendo norme per il matrimonio, i contratti, e persino i funerali. Queste leggi, attribuite tutte a lui, vengono presentate non come il frutto del suo ingegno, ma come doni degli dei stessi, in particolare della ninfa Egeria, la sua misteriosa consigliera. Questa mossa non solo legittima le sue riforme agli occhi dei suoi sudditi, ma le rende sacre e, quindi, inviolabili. 

  Ora, parliamoci chiaro: avere una ninfa come consigliera personale era un bel colpo per Numa. Perché quando le leggi non sono solo tue, ma provengono direttamente da una creatura divina che vive in una grotta nei dintorni, nessuno osa metterle in discussione. E poi, chi potrebbe mai contraddire un re che ogni notte riceve istruzioni direttamente dal mondo soprannaturale? Anche Romolo, con tutto il suo bellico carisma, non avrebbe potuto competere con una tale fonte d’ispirazione. D'altronde, se la ninfa parlava, chi osava dire di no? Secondo la leggenda, la ninfa Egeria non solo consigliava Numa, ma lo istruiva sui riti sacri, sulle festività e sui segreti della natura. Insomma, Roma deve la sua organizzazione religiosa a questa strana coppia: un re saggio e una divinità dei boschi, che insieme plasmarono l’identità spirituale della città. E se c'è un po' di scetticismo nei confronti di questo idillio mistico, beh, è giusto ricordare che in tempi di miti e leggende, tutto era possibile – e soprattutto, tutto era utile. Numa Pompilio regna per oltre quarant’anni, e sotto la sua guida, Roma passa da essere una città di guerrieri a una città di leggi e riti. Non ci sono conquiste durante il suo regno, nessun nuovo territorio aggiunto, ma c’è un altro tipo di conquista, forse ancora più importante: quella delle menti e dei cuori dei romani. Numa dà a Roma le fondamenta spirituali e legali che le permetteranno di crescere e prosperare nei secoli a venire. 

  Quando Numa muore, il suo passaggio nell’aldilà è quasi un ritorno alla natura. La sua tomba, secondo la tradizione, è posta vicino alla tomba di Egeria, un segno che anche in morte il re-saggio rimane legato ai misteri della natura e del divino. E così, mentre Romolo ascende al cielo come dio guerriero, Numa lascia Roma con un’eredità che, silenziosamente ma inesorabilmente, plasmerà il suo destino. La pace, la religione e le leggi, quelle che lui ha instaurato, rimarranno i pilastri su cui Roma costruirà il suo impero. Se Romolo fu il fondatore, Numa è stato il civilizzatore. Senza di lui, Roma sarebbe rimasta un accampamento di guerrieri. Con lui, diventa una città, e con il tempo, un modello di civiltà per tutto il mondo antico.