L’Italia del primo Novecento si trova in una fase di profonda trasformazione. Il Paese è giovane, le sue istituzioni sono ancora in via di consolidamento, e il panorama politico riflette un’instabilità che rispecchia i cambiamenti sociali ed economici in atto. In questo contesto emerge la figura di Giovanni Giolitti, un politico che avrebbe lasciato un’impronta indelebile sulla storia italiana, incarnando le ambiguità e le complessità di un’epoca di transizione.
Giovanni Giolitti, nato nel 1842 a Mondovì, fu uno dei più influenti politici italiani del suo tempo, tanto da dominare la scena politica per oltre due decenni, tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. Giolitti rappresentava una figura che sfuggiva alle categorizzazioni semplicistiche: né di destra né di sinistra in senso stretto, ma piuttosto un pragmatico che sapeva muoversi abilmente tra le due sponde politiche.
La sua carriera politica fu caratterizzata da una capacità straordinaria di mediazione, una qualità che gli permise di costruire alleanze trasversali e di mantenere una relativa stabilità in un’Italia ancora segnata da profonde divisioni sociali e territoriali. Giolitti incarnava, in molti sensi, il proseguimento del trasformismo, portandolo però a un livello più sofisticato e strutturato.
Durante i suoi governi, Giolitti promosse una serie di riforme che miravano a modernizzare l’Italia. Tra le sue iniziative più significative vi fu l’introduzione di leggi sociali volte a migliorare le condizioni di vita delle classi lavoratrici, un approccio che rifletteva la sua consapevolezza della necessità di integrare le masse nel sistema politico per evitare tensioni sociali troppo forti.
Giolitti era anche un fautore del suffragio universale maschile, che riuscì a introdurre nel 1912, ampliando significativamente la base elettorale del Paese. Questa mossa, apparentemente progressista, era in realtà anche un calcolo politico: sapeva che l’allargamento del suffragio avrebbe portato al voto una popolazione più incline a sostenere la sua visione moderata e riformista.
Tuttavia, la politica di Giolitti non era priva di ambiguità. Il suo governo si mostrò spesso tollerante verso i grandi gruppi industriali e finanziari, e la sua gestione dei conflitti sociali non fu esente da critiche. Giolitti sapeva come manipolare i meccanismi del potere a suo vantaggio, usando il clientelismo e la corruzione come strumenti per mantenere il controllo politico. Questo approccio, pur garantendo una certa stabilità, contribuì a creare una politica sempre più slegata dai bisogni reali della popolazione, alimentando quel cinismo che avrebbe trovato eco nei decenni successivi.
Giolitti incarnava un’Italia divisa tra modernità e conservatorismo, un Paese che cercava di affermarsi come potenza europea ma che restava ancorato a strutture sociali e politiche antiquate. La sua figura era il riflesso di un’Italia che, da un lato, si modernizzava con infrastrutture e leggi sociali, ma che dall’altro restava profondamente iniqua, con ampie sacche di povertà e un sistema politico dominato da élite spesso scollegate dalla realtà quotidiana della maggioranza della popolazione.
Il suo pragmatismo politico, pur efficace nel breve termine, contribuì a radicare quella cultura del compromesso che, se da una parte evitò scontri frontali, dall’altra indebolì la coesione ideologica dei partiti e la fiducia dei cittadini nelle istituzioni.
Giovanni Giolitti è una figura che, ancora oggi, suscita sentimenti contrastanti. Per alcuni, fu un grande modernizzatore, un uomo capace di guidare l’Italia attraverso un periodo di crescita e cambiamento. Per altri, fu un politico machiavellico, abile nel manipolare il potere a proprio vantaggio, senza mai affrontare le disuguaglianze strutturali che affliggevano il Paese.
In un certo senso, Giolitti fu un politico tra due mondi: il mondo della vecchia Italia, dominata dall’aristocrazia e dai grandi interessi economici, e il mondo della nuova Italia, che iniziava a emergere con le sue contraddizioni e le sue aspirazioni di democrazia e giustizia sociale. Questo doppio volto di Giolitti riflette le ambiguità dell’Italia stessa, un Paese che, ancora oggi, lotta per conciliare le sue diverse anime.
Mentre continuiamo il nostro viaggio attraverso la storia politica italiana, la figura di Giolitti ci ricorda che la politica è spesso un gioco di equilibri precari, dove il successo non si misura solo con le riforme approvate, ma anche con la capacità di interpretare e gestire le profonde contraddizioni di un’intera nazione.