Alghero: Daga rivendica l’operazione Capo Caccia-Punta Giglio e replica agli scettici

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Tutto era iniziato il 30 maggio scorso, quando l’amministrazione comunale di Alghero aveva annunciato l’accordo con la società Borgosesia per l’acquisizione di circa 200 ettari tra Capo Caccia e Punta Giglio. L’intesa, poi formalizzata con l’atto notarile del 16 luglio, ha sancito il ritorno di quelle terre al patrimonio pubblico, con un investimento condiviso tra Comune e Parco di Porto Conte. Una conquista politica e amministrativa che non tutti, però, hanno saputo o voluto comprendere fino in fondo. E allora Enrico Daga, assessore al Demanio e promotore dell’operazione, ha deciso di mettere i puntini sulle "i".

«Qualche buontempone – scrive Daga su Facebook – vorrebbe far passare questa operazione di portata storica come se fosse l'acquisto di un sottoscala». La frecciata è rivolta a chi, pubblicamente o tra le righe, ha sminuito l’importanza dell’intervento. Un errore, a suo giudizio, imperdonabile. «Se alle miserie umane non possiamo dare un taglio – aggiunge – possiamo però dettagliare meglio il nostro obiettivo».

E lo fa. Con foto scattate “esattamente un anno fa”, subito dopo l’ingresso in giunta, Daga ricorda come la priorità fosse dare dignità a quell’angolo di paradiso, anche sul piano della sicurezza. «Ditemi voi se è sopportabile che le macchine stiano a bordo strada e la “linea tagliafuoco” resti inaccessibile alle auto».

Poi la rivendicazione, asciutta e netta: «Ieri il Comune di Alghero e il Parco di Porto Conte hanno acquistato il comprensorio di Punta Giglio e Capo Caccia da Borgosesia, una Spa quotata in Borsa». Altro che sottoscala.

Ma non basta il gesto simbolico. Serve un piano concreto, e Daga lo snocciola punto per punto, riportando la sintesi del progetto finanziato dalla Regione con due milioni di euro del PR FESR 2021–2027. Un piano triennale, che da qui al 2027 dovrà invertire la rotta in un’area che “ha subito l’impatto di specie invasive, incendi e una presenza umana disordinata”.

Tra gli interventi previsti: la rinaturalizzazione delle pinete artificiali di Punta Giglio, sostituite progressivamente da leccete; la riorganizzazione dei sentieri con attenzione all’accessibilità e alla mobilità elettrica a impatto zero; un controllo più efficace della fauna selvatica – in particolare cinghiali e daini – per tutelare la biodiversità e migliorare la sicurezza stradale; la salvaguardia dell’avifauna nidificante tramite la derattizzazione delle isole Piana, Foradada e delle scogliere di Capo Caccia; infine, un piano specifico per prevenire l’elettrocuzione dei grandi rapaci, con particolare attenzione al capovaccaio.

«A Capo Caccia – spiega Daga – nidificano tre specie di rapaci la cui conservazione è prioritaria secondo le direttive comunitarie. Solo questo dovrebbe bastare a comprendere la portata dell’area». Ma c’è di più. Capo Caccia e Punta Giglio non sono solo un parco naturale o un’area marina protetta: sono anche un sito Natura 2000, riconosciuto a livello europeo come zona speciale di conservazione.

Il progetto, spiega l’assessore, «lascerà in eredità meno costi per la gestione futura del parco, meno incidenti con animali selvatici, più turismo sostenibile, e soprattutto la salvaguardia di specie prioritarie per la conservazione internazionale».

Insomma, un’operazione “concreta, scientifica, rispettosa della natura e delle persone”, che punta a restituire valore a un luogo unico, sottraendolo all’abbandono, alla speculazione e alla cattiva gestione del passato.

E se qualcuno ancora non l’ha capito, il messaggio finale è chiaro: «Con questo intervento, pregevoli aree naturali ritorneranno concretamente a patrimonio della collettività». Non un sottoscala, ma uno scrigno. E stavolta, con la chiave in mano.