Alghero, campo boe e concorrenza: l'interrogativo politico che chiama la trasparenza

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C’è una domanda che galleggia da mesi nelle acque della rada di Alghero, e non è retorica. È una domanda precisa, incalzante, che mette il dito su un nervo scoperto dell’amministrazione locale: la trasparenza nella gestione dei nuovi campi boe. A formularla, con toni misurati ma inequivocabili, sono le segreterie cittadine dei Riformatori Sardi e del Partito Sardo d’Azione – sezione Tore Pintus, in un intervento congiunto che invita a fare chiarezza su quello che, più che un progetto ambientale, rischia di assumere i contorni di una privatizzazione mascherata.

«Da mesi si discute ad Alghero dell’istituzione di nuovi campi boe. Non intendiamo entrare nel merito della scelta in sé...» — scrivono — «...ma accendere i riflettori sulla trasparenza dell’iter amministrativo e sulla reale finalità dell’iniziativa». Perché una cosa è certa: il tema delle boe a pagamento, sotto il velo della tutela ambientale, merita ben più di una pacca sulla spalla.

Il quesito è netto: ci sarà una gara pubblica per l'affidamento dei servizi connessi ai campi boe — controllo, manutenzione, accoglienza — oppure si procederà ancora con affidamenti diretti, come già avvenuto nel 2022 all’interno dell’Area Marina Protetta? E per il posizionamento in corso proprio in questi giorni, è stata promossa una gara d’appalto o ci troviamo di fronte all’ennesimo escamotage per aggirare il mercato?

Il sospetto, nemmeno troppo celato, è che dietro l’apparente obiettivo ecologico si celi una redistribuzione di vantaggi a soggetti privati, a spese della collettività. Scrivono i due coordinamenti: «Riteniamo che la tutela dell’ambiente non possa diventare il paravento di operazioni che rischiano di favorire alcuni a discapito di altri... Siamo di fronte a un progetto pubblico nato per proteggere la posidonia o a un intervento che, di fatto, assegna aree di pregio a gestori privati con risorse pubbliche e rischio imprenditoriale pressoché nullo?»

Nel mirino ci sono anche le modalità di realizzazione del progetto: in un contesto normale, un imprenditore si accolla il rischio, realizza l’infrastruttura, sostiene le spese. Qui invece, si denuncia, i costi li sostiene il pubblico, mentre gli incassi sembrano destinati a soggetti selezionati, senza concorrenza, senza rischio, senza trasparenza. E magari, anche la manutenzione — si teme — ricadrà sugli enti pubblici.

Ma non basta. Perché a far drizzare le antenne è anche la scelta delle località: Rosso, Lazzaretto, Olandese. I tratti di costa più belli e appetibili, ora potenzialmente vincolati all’ormeggio a pagamento. E altrove? Nulla. Nessuna installazione prevista in zone meno pregiate, ma ugualmente interessate dalla presenza di posidonia. Come se, scrivono con tagliente ironia, esistessero praterie di serie A e di serie B.

E infine, la questione che chiude la nota e apre un nuovo fronte: che fine faranno le boe in esubero, vista la riduzione del numero rispetto al progetto iniziale? Altro denaro pubblico impiegato senza una destinazione chiara?

I Riformatori e i Sardisti chiedono una risposta chiara. Non slogan, non rassicurazioni, ma atti e procedure verificabili. Perché, concludono, «le risorse pubbliche devono essere impiegate per il bene comune, non devono creare rendite di posizione e soprattutto non devono essere sprecate».

Parole pesanti, che riportano la politica a quello che dovrebbe essere il suo fondamento: il controllo sull’uso del denaro dei cittadini. E in questo caso, anche il controllo su chi davvero naviga — e chi resta a galla — nel mare della libera concorrenza.