Schermaglie e veleni nel Psd'Az: Solinas e Chessa, divergenze irreparabili

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  Quando si scuote il tappeto della politica sarda, non è sorprendente che volino scintille. E se parliamo di scintille, l'ultimo duello verbale tra Christian Solinas e Gianni Chessa non ha deluso. Solinas non ha usato mezzi termini: "Così il partito rinasce, depurato dalle scorie". Una dichiarazione forte, pungente, quasi brutale, che non lascia spazio a interpretazioni pacate. Il Psd'Az, secondo il suo segretario, non è al capolinea ma all'atto di una rinascita, "rigenerato dopo un Congresso Nazionale che ha ristabilito la centralità degli organi statutari rispetto alle pretese baronali di alcuni eletti nelle proprie liste".

  Parole che sono un chiaro riferimento ai recenti addii che hanno scosso il partito. Non meno tagliente la replica di Chessa, l'ex assessore al Turismo, che lascia la formazione con accuse pesanti: "Una combriccola che ha svenduto l'autonomia della Sardegna alle logiche leghiste e salviniane". Non è certo un addio sottovoce, ma un portone sbattuto con forza, un segnale di un dissenso profondo e radicato.

  Chessa, infatti, non vede la sua uscita come una mera questione personale, ma come un gesto emblematico di un movimento più ampio, una frattura ideologica e di principio che lo vede in compagnia di altri scontenti. Solinas non si fa intimidire e rincara la dose, evocando figure storiche del calibro di Emilio Lussu per dimostrare la resilienza del partito: "Figuriamoci se oggi ci si può preoccupare di chi - eletto grazie alle nostre liste senza mai essere diventato sardista – va via per proprio capriccio". È un Solinas che non guarda al passato con nostalgia, ma con la fermezza di chi è pronto a tagliare i rami secchi per salvaguardare il futuro del suo albero. 

  Chessa, dal canto suo, non risparmia critiche, dipingendo un ritratto di Solinas come di un leader distaccato dalle realtà quotidiane delle persone, un baronetto di carta in un palazzo d'avorio: "Io non sono chiaramente un lord inglese, vengo da un quartiere popolare di Cagliari e in quel quartiere sono rimasto a lavorare nel sociale e nello sport". La questione, dunque, trascende il mero cambio di casacca politica; si tratta di una lotta per l'anima di un partito e, forse, per la direzione futura della politica in Sardegna. Mentre Solinas parla di depurazione e rinascita, Chessa agita lo spettro di un partito che ha perso il contatto con la sua base e le sue radici. Chi avrà la meglio in questa contesa? Solo il tempo potrà dirlo. Ma una cosa è certa: nel teatro della politica sarda, il sipario non è ancora pronto a calare.