La nuova presidente della Regione Sardegna, Alessandra Todde, si affaccia sul palcoscenico politico insulare con una dichiarazione che sa tanto di manifesto quanto di promessa: "È nata la giunta che nei prossimi cinque anni darà ai sardi le risposte che aspettano da tempo". Parole che risuonano come eco di un futuro auspicato, un futuro che la governatrice si appresta a costruire con una squadra che rivendica quasi la parità di genere e l'innesto di figure tecniche in un corpo tradizionalmente politico. Tra questi, spiccano i nomi di Giuseppe Meloni, Emanuele Cani, Rosanna Laconi, Desirè Manca, Armando Bartolazzi, Antonio Piu, Franco Cuccureddu, Ilaria Portas, Sabina Bullitta e Gianfranco Satta, con le competenze specifiche che spaziano dal Bilancio all'Industria, dall'Ambiente al Lavoro e alla Sanità, dai Lavori pubblici al Turismo, dall'Istruzione agli Affari generali, e infine all'Agricoltura. Barbara Manca e Francesco Spanedda arricchiscono il team con la loro esperienza in Trasporti e Urbanistica, rispettivamente.
Todde, nella cornice di via Sonnino a Cagliari, ha svelato i contorni di un esecutivo che si annuncia come un laboratorio di equilibri delicati, dove la presenza femminile non è solo un orpello ma un pilastro di quella che definisce una "rappresentanza dei territori" e una celebrazione delle "competenze non solo tecniche, ma anche politiche e amministrative".
Si tratta di un'esposizione chiara di intenti e di una filosofia di governo che mira a riconciliare la Sardegna con se stessa, attraverso una giunta che conta ben sei donne, compresa la presidente. Un dato che non solo stride con la tradizione ma che si propone come vettore di un cambiamento più profondo nei costumi politici dell'isola.
Ma a far discutere non è solo la questione di genere. L'inclusione di due tecnici nel giunta regionale, lontani dalle "logiche isolane", come li definisce la Todde, potrebbe infatti rappresentare una spada a doppio taglio.
Da un lato, l'ingresso di figure come l'oncologo romano Armando Bartolazzi alla Sanità sottolinea una volontà di trasformare la competenza in criterio di governo, distaccandosi dalle dinamiche endemiche che spesso hanno caratterizzato la politica sarda. Dall'altro, però, solleva il velo su una questione antica quanto la politica stessa: quella del rapporto tra potere tecnico e potere politico, tra la competenza asettica e la conoscenza profonda del territorio.
La Todde gioca, dunque, una partita ambiziosa, cercando di tessere una tela di governo che sia al contempo innovativa e radicata, che possa dialogare con la Sardegna profonda senza perdere di vista l'orizzonte europeo e mondiale. Una giunta che aspira a essere specchio di una società che cambia, che vuole essere inclusiva ma senza rinunciare alla competenza come faro della sua azione.
Tuttavia, rimane l'interrogativo: questo equilibrio tra parità, rappresentanza territoriale e competenza tecnica sarà la chiave per "dare ai sardi le risposte che aspettano da tempo"? O si rivelerà un'utopia politica, un'aspirazione troppo ambiziosa per un contesto complesso come quello della Sardegna?
In questa fase di inizio mandato, le dichiarazioni e le scelte di Todde sembrano porsi come un nuovo capitolo nella storia politica dell'isola. Resta da vedere se questo capitolo sarà ricordato come il preludio a un'era di risposte concrete o come un esperimento di buone intenzioni in un mare ancora da navigare.